Simon Phillips
Intervista collettiva
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Sono circa le 18,00 del 8 ottobre. La discreta folla di batteristi-spettatori attende all’ingresso del “Alpheus”, storico locale romano, l’apertura delle porte per assistere all’attesissimo show del grande musicista londinese oggi famoso soprattutto per essere il batterista della celebre band dei Toto.
Simon Phillips
Intervista collettiva
Sono circa le 18,00 del 8 ottobre. La discreta folla di batteristi-spettatori attende all’ingresso del “Alpheus”, storico locale romano, l’apertura delle porte per assistere all’attesissimo show del grande musicista londinese oggi famoso soprattutto per essere il batterista della celebre band dei Toto. Le porte si aprono di lì a poco e il pubblico prende timidamente posto cercando di avvicinarsi il più possibile al palco, dove s’intravede subito un enorme drum set Ktama starclassic colore verde con doppia cassa da 24 pollici di diametro, quattro toms montati su di esse, due floor toms laterali sovrastati da un gong bass drum e sul lato opposto gli immancabili octobans, che hanno contribuito, nel corso degli anni, a determinare e definire lo stile di Simon. Dopo la breve e consueta presentazione di rito, ad opera del rappresentante della ditta Mogar, sale sul palco il nostro eroe, cinquantenne atletico dalla folta chioma. Senza troppo esitare parte la base musicale di apertura dello spettacolo, sulla quale Simon dà sfoggio di tutta la sua versatilità e conoscenza di diversi stili musicali suonando con l’energia solita che lo contraddistingue da sempre. Segue un open drum solo di circa venti minuti caratterizzato dall’ uso nell’introduzione e coda finale di un eccellente press roll sul rullante e da una grande espressione ed interpretazione melodica e dinamica dell’utilizzo della batteria. Al termine della parte “musicale” Simon si mette a disposizione per la fase intervista e domande da parte del pubblico ed apre calorosamente dicendo :“solitamente le prime domande possono sembrare stupide, ma in realtà non ci sono domande stupide a cui rispondere”.
A seguito di questa affermazione sono partite tutta una serie di domande:
Domanda – Vista la tua esperienza da fonico come riesci ad ottenere un suono così bilanciato avendo a disposizione un drum set rigorosamente microfonato e non avere problemi di innesco e rientro microfonico?
Simon Phillips – Cerco di essere molto attento nel posizionare bene i microfoni, soprattutto nell’ invertire la fase del microfono del rullante rispetto a quelle degli “overheads” cioè dei panoramici.
Domanda – Come riesci a gestire un numero così grande di tamburi suonando con grande naturalezza e quando hai iniziato ad utilizzare un set così vasto?
Simon Phillips – Innanzitutto bisogna avvertire l’esigenza di avere intorno a se stessi tutti quei tamburi e, inoltre, per suonarli bene c’è bisogno (ovviamente) di molta pratica e coordinazione.
Domanda – Quale esercizio o esercizi puoi consigliare a chi ti segue per ottenere una coordinazione accettabile e quali sono gli esercizi che tu stesso pratichi?
Simon Phillips – per arrivare a suonare in modo così simmetrico ed “equo”, cioè utilizzare i quattro arti con la stessa misura senza che nessuno prevalga sull’altro, ci sono diversi ostinato sui quali poter lavorare, fondamentale per me è stato quello in cui si fa uso del paradiddle: suonare il paradiddle in ottavi con le casse ed in sedicesimi con le mani che eseguono in sincronia. Una volta padroneggiato l’ostinato in questo modo, invertire l’esercizio per poi applicarlo su tutto il drum set. Un’altra possibilità è quella di esercitarsi in maniera divertente ed intelligente. Per esempio suonare un ostinato con i piedi, come potrebbe essere lo stesso paradiddle, e sovrapporre una figurazione qualsiasi sul hi-hat remote con la mano destra accennando un motivetto melodico sugli octobans con la mano sinistra, ad esempio una canzoncina come “Flinstones” ( la canzone colonna sonora dell’omonimo cartone animato).
Domanda – perché l’uso della doppia cassa invece del doppio pedale?
Simon Phillips – secondo il mio punto di vista il rimbalzo che si ottiene usando anche la cassa a sinistra è tutt’altra cosa. Intendo dire che è più naturale rispetto a quello prodotto usando il doppio pedale su una sola cassa. Con il doppio pedale si ricava un rimbalzo artificioso ed innaturale, quindi più difficile.
Domanda – come è stato per te rispetto agli altri membri della band dei Toto, prendere il posto di Jeff Porcaro e come ti trovi a suonare un groove particolare come quello di “Rosanna”?
Simon Phillips – la scelta è caduta su di me perché sono un musicista completamente diverso da Porcaro. Proprio per questo la band ha voluto sin dall’inizio che suonassi secondo il mio stile evitando quindi di diventare un altro clone di Jeff. Per quanto riguarda il groove di “Rosanna”, questo ritmo (ovviamente) non è opera mia ma di Jeff, il quale a suo tempo si ispirò a quello di una canzone dei Led Zeppelin “Foll in the rain” e quindi al mitico Bonzo.
Domanda – Quanto ti ha influenzato il jazz e chi sono stati i tuoi idoli?
Simon Phillips – il jazz è stato fondamentale poiché i miei primi quattro anni di carriera professionale li ho vissuti proprio con la band di mio padre che suonava, per l’appunto, jazz. I miei idoli sono stati Shelly Maine , Gene Krupa, Philly Joe Jones, Buddy Rich, Louie Bellson e più tardi Tony Williams e Billy Cobham.
Ha poi concluso dicendo che dedicherà il resto della sua vita allo studio del linguaggio jazzistico a lui ancora abbastanza ignoto.
Dopo questa sfilza di domande e risposte, durate all’incirca un ora, Simon è passato dietro ai suoi tamburi suonando su un paio di basi, una di stampo jazzistico l’altra rock-fusion.
Ha poi terminato lo show ( circa due ore e mezza ) suonando su un brano di Derek Sherinian con tempo 15/8 ( cioè 8/8 più 7/8 ) con grande padronanza del tempo e della dinamica ed in maniera magistralmente melodica.
Infine ha salutato tutti invitandoli dietro al palco, nel camerino, per autografi e foto.
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