Fiorella Mannoia
Il movimento del dare Tour
E’ stato assegnato a Fiorella Mannoia la 7/a edizione del Premio Maria Carta consegnato sabato 4 luglio a Siligo (Sassari). Mannoia si aggiunge alla lista di artisti insigniti del Premio promosso dall’omonima Fondazione che ricorda l’artista simbolo della canzone sarda, scomparsa 15 anni fa. Il premio vuole evidenziare la grande sensibilita’ umana dell’artista romana manifestatasi anche con la sua partecipazione al concerto a favore dei terremotati in Abruzzo.
Ma come nasce Fiorella Mannoia, questa interprete che si muove con autorità e intelligenza in un mondo di musicisti e poeti uomini; che ha cantato con Fossati, con Bertoli, con Barbarossa e Bindi; che ha diviso il palcoscenico con Ruggeri, Dalla e Ron; che abbiamo applaudito nei capolavori di Chico Buarque De Hollanda o di Caetano Veloso? Chi è questa primadonna dai capelli rossi che riempie i teatri italiani più importanti e occupa con disinvoltura i primi posti della hit parade? Un carattere ribelle, senza dubbio – lo era fin da ragazzina, quando a Cinecittà faceva un mestiere rischioso: quello della stunt-girl – e avventuroso, che nel frattempo esordiva anche come cantante. Stunt-woman, quindi, e controfigura di Monica Vitti durante gli anni Sessanta. Approdata solo in seguito al mondo della canzone Fiorella Mannoia è un’interprete di valore pressoché sconosciuta al grande pubblico, nonostante un album (“Mannoia, Foresi & Co.”) e diversi singoli già pubblicati. Passata dalla RCA Italiana alla Ricordi e poi alla CGD, la nota Pierangelo Bertoli, complice uno dei suoi discografici, che la vuole come voce femminile per un suo pezzo che richiede necessariamente un’interpretazione in duetto. Siamo nel 1980, e Pescatore diviene subito un pezzo di successo, che permette al musicista emiliano di raggiungere il quarto posto in classifica. La Mannoia, che interpreta la parte della moglie adultera, lasciata sola a casa dal marito spinto altrove dal suo mestiere, ha finalmente l’occasione di mostrare tutta la sua grinta e le potenzialità espressive straordinarie della sua voce. A questo punto, è pronta per marciare con le proprie gambe. Infatti, l’anno successivo approda a Sanremo, iscritta alla categoria Giovani, con una canzone scritta da Mimmo Cavallo, Roberto Davini e Antonio Coggio. Il pubblico è assolutamente impietrito: Caffè nero bollente porta per la prima volta sul palco dell’Ariston l’autoerotismo, rompendo qualsiasi tipo di schema e di tabù, ma è lungi dall’essere una canzone volgare o imbarazzante. Fiorella la esegue con puntuale spigliatezza e audacia, rendendo il giusto merito alla rabbia e all’insoddisfazione che traspaiono dal testo. Per la spregiudicata interprete, da questo momento in poi, la strada sarà tutta in discesa. Tuttavia, la Mannoia decide di percorrerla con altri mezzi (quelli che in seguito la porteranno, per un breve periodo, a rinnegare il esperimento sanremese): la ritroviamo infatti nel 1984, sempre sul palco dell’Ariston, uscita da una metamorfosi completa, che ha investito sia il suo look, che le sue scelte artistiche. Abito bianco, stivaletti chiari preannunciano l’atmosfera intensissima e quasi sospesa di Come si cambia , opera di Piccoli e Pareti, un gioiello assoluto, in grado di equilibrare perfettamente sia l’energia, sia l’espressività, quasi la teatralità, della cantante romana: “Come si cambia, per non morire, come si cambia per amore, come si cambia, per non soffrire, come si cambia, per ricominciare” sussurra, e poi quasi grida Fiorella. E con questi versi entra di diritto a far parte della storia della musica italiana. Ritroviamo la delicatezza della Mannoia secondo corso in quella medesima estate a Saint Vincent, ed è la volta di Ogni volta che guardo il mare . Arriva poi il 1985, ed il secondo album (il primo, Fiorella Mannoia , prodotto da Mario Lavezzi, risaliva al 1982), Momento delicato , che ospita L’aiuola . In seguito ad una partecipazione al programma televisivo Premiatissima, nel 1986 pubblica un album di cover, appunto, Premiatissima (dove figura anche il pezzo interpretato in tv, Margherita di Riccardo Cocciante). Le collaborazioni sono sempre più importanti: scrivono pezzi per lei Mogol e Piero Fabrizi, suo attuale compagno, fino all’uscita di un nuovo album, intitolato ancora Fiorella Mannoia . E puntualmente arriva il momento di tornare a calcare le scene dell’Ariston. A scomodarsi per lei stavolta sono Enrico Ruggeri ed il fido chitarrista Luigi Schiavone. Il cantautore milanese è in quel momento al centro di una popolarità tale da permettergli di iscriversi alla manifestazione canora con un pezzo non suo, ha alle spalle tre dischi pubblicati in quattordici mesi, ed una vena espressiva in costante crescita.
Con questi requisiti, dà alla luce uno dei suoi capolavori e lo serve alla Mannoia su un piatto d’argento. Lei lo raccoglie con molta eleganza e si conquista il Premio per la Critica 1987. Quello che le donne non dicono ancora oggi è uno dei classici della musica italiana e certamente il pezzo che più identifica la cantante. Il momento è d’oro, e a Fiorella non resta che viverlo con il merito che le spetta. Nel 1988 infatti la Mannoia torna a Sanremo, stavolta con un brano di Ivano Fossati, Le notti di maggio , che lei esegue con la consueta professionalità: vince nuovamente il Premio della Critica e si consacra definitivamente come interprete d’eccezione della canzone italiana d’autore. Subito dopo il Festival esce un nuovo album, Canzoni per parlare , firmato dai nomi più prestigiosi: Enrico Ruggeri, che le dona ben cinque canzoni, tra cui la straordinaria I dubbi dell’amore , Lettera che non scriverò mai , Il tempo non torna più , Ron, Cocciante, Luberti (autore di Poverangelo ) e, ovviamente, Fossati. La qualità del prodotto è ineccepibile: la Mannoia la conduce con grazia e tocco ormai inconfondibili. Gli autori lo sanno e fanno a gara per comporle canzoni ritagliate su misura: tuttavia, spetta a Fossati e a Ruggeri, in questo periodo della sua carriera, il primato della composizione (anche se in seguito Ruggeri si riapproprierà di quasi tutti i pezzi scritti per l’interprete, dando anche l’idea di un possibile contenzioso effettuatosi tra i due). Sulla scia del successo, la Mannoia l’anno successivo è nuovamente nei negozi di dischi con un lavoro di inediti, che si intitola Di terra e di vento : le aspettative non sono deluse, l’album è uno scrigno di capolavori, ciascuno più sorprendente rispetto all’altro, un disco da ascoltare e riascoltare per riscoprirne di continuo nuove meraviglie. C’è innanzitutto la vena poetica più ispirata di Ruggeri, che presenzia con la bellissima La giostra della memoria , un tema chiave del cantautore milanese, affrontato in questa sede con la malinconia dello scorrere del tempo, la nostalgia delle cose perdute, e, sul finale, la speranza di una fragile e segreta continuità con il proprio passato (“ma non ci sono limiti per parlare agli angeli…qualcuno ascolta”); e ancora Enrico con Ascolta l’infinito e Le canzoni ; una stupenda traduzione di O que sera di Chico Barque de Hollanda ad opera di Fossati, che canta assieme alla Mannoia, e ancora Fossati con un altro pezzo eccezionale, Lunaspina . Francesco De Gregori contribuisce con Cuore di cane , che della brava Fiorella diventerà un cavallo di battaglia, presente in quasi tutti i concerti. Gli anni Ottanta si chiudono dunque in grande ascesa per quella che i Novanta consacreranno come una delle maggiori interpreti italiane, e sicuramente quella che più di tutti ha a cuore – e con raffinatezza – il mondo del cantautorato. E’ così dunque il 1992, quando esce un nuovo, eccellente album, dal titoli I treni a vapore. Per quel che riguarda gli autori dei brani presenti nella tracklist, sembra riconfermata la medesima squadra: c’è Enrico Ruggeri, che, assieme a Schiavone, firma Inevitabilmente (lettera dal carcere), in seguito scelta da Nanni Moretti per il suo film Caro diario. C’è la luminosità de Il cielo d’Irlanda, firmata da Massimo Bubola, e la presenza inconfondibile di Eugenio Finardi, autore di Sull’orlo. Ma è un album soprattutto fossatiano a parte dal brano che dà titolo all’album, e al quale la Mannoia riesce a conferire una leggerezza tutta personale, intimista, che perfettamente scandisce la melodia del pezzo: “di pioggia in pioggia e di dolore in dolore, il dolore passerà/ come i treni a vapore / il dolore passerà”. E con toni simili, c’è da convincersi davvero che sia già passato. Nel 1994 – è già autunno – esce Gente comune, nuovo album di Fiorella Mannoia, lanciato da un pezzo piuttosto complesso del solito Ruggeri, che c’entra il bersaglio con L’altra madre (sono in pochi a percepire che la canzone fa riferimento alla droga), e con Non voglio crescere più, che la cantante esegue insieme all’autore del pezzo. Comincia a profilarsi l’esigenza di sperimentare nuove strade, nuovi suoni, e soprattutto nuovi linguaggi. Tra i giovani promettenti della musica italiana in quel momento, Samuele Bersani appare come l’elemento più interessante, di sicuro meno coinvolto nella facilità di scrittura, spesso di pari passo con il facile successo. Queste caratteristiche convincono Fiorella Mannoia ed il suo eterno produttore Piero Fabrizi: sarà quest’ultimo a firmare con il giovane romagnolo Crazy Boy, che appunto, compare nell’album Gente comune.
Questa nuova linea di ricerca sarà la caratteristica essenziale dell’album successivo, uscito tre anni più tardi, nel 1997, col titolo di Belle speranze. E’ il primo album nato senza l’apporto dei grandi autori della musica italiana: sempre presente Piero Fabrizi, ma al suo fianco nella composizione della tracklist ci sono gli ancora poco conosciuti (al grande pubblico) Avion Travel, e Daniele Silvestri, altro giovane talento della nostra canzone d’autore, che firma Il fiume e la nebbia e Lettera al fratello che non ho. I due pezzi di punta del disco sono in ogni caso i due iniziali, scritti da Fabrizi, Belle speranze, amara riflessione sulla solitudine, e la eclettica Non sono un cantautore. Nell’estate successiva, un piccolo miracolo vede come protagonista la sempre più emozionante interprete romana: Fiorella Mannoia, nel corso della sua tournée, esegue Sally di Vasco Rossi, pezzo assolutamente lacerante, che il rocker di Zocca aveva inserito nel suo album Nessun pericolo…per te, uscito nel 1996. La struggente vicenda di Sally, che già aveva coinvolto emotivamente il pubblico del Blasco, esce completamente rinnovata dall’interpretazione di Fiorella Mannoia. Se Vasco aveva gridato quel dolore che sul finale si trasforma in tenera consolazione, Fiorella riesce ad accarezzarlo, a trasformarlo in un brivido sottile, ed inevitabilmente, ad acuirne la profondità. Il brano, in questa nuova versione, viene pubblicato nella prima raccolta live della Mannoia, Certe piccole voci, uscito nella primavera del 1999, e introdotto da un inedito di Ivano Fossati, L’amore con l’amore si paga. E’ l’inizio, per la Mannoia, della grande epoca dei live: a partire dall’inizio del nuovo millennio, infatti, lo spettacolo dal vivo sembrerà divenire sempre di più la dimensione più congeniale della cantante, anche da un punto di vista prettamente discografico. Nel frattempo però, esce un nuovo bellissimo album di pezzi inediti, Fragile: siamo agli inizi del 2001. Grande è il successo del disco: innanzitutto in merito al brano che dà il titolo al disco, composto da Piero Fabrizi. Un pezzo (e un disco) che vertono intorno al dolore, all’assenza, ai quali Fiorella nel tempo ha imparato ha dare una voce struggente e sempre più penetrante. C’è Occhi neri, che con tocco delicato, tratta la timidezza, sentimento spesso assente dalla celebrazione delle canzoni. C’è l’immortale Il pescatore di Fabrizio De André, e L’uccisione di Babbo Natale, alla quale partecipa anche il rispettivo autore, ovvero Francesco De Gregori. Ma è soprattutto Come mi vuoi? di Paolo Conte a incantare e a creare una dimensione di assoluta intensità: uno dei brani in assoluto più belli che la Mannoia abbia interpretato nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera. Dopodiché arriva il grande anno, o per meglio il grande tour, un evento live, che in breve diventa Storia, nell’ambito della tradizione della musica di casa nostra. Sul palco, in giro per tutta Italia e per tutta un’estate, ci sono, assieme a Fiorella, Ron, Francesco De Gregori e Pino Daniele, che giocano a scambiarsi le canzoni più famose e a reinventarle quasi con il solo gusto di viverle insieme, in un’assoluta comunione di intenti artistici. Un quartetto per certi versi inedito, e che sorprende molti, impreparati a torvarsi di fronte artisti che – almeno all’apparenza – fino a quel momento non avevano mostrato di avere nulla in comune. Quel quid invece c’è, ed è il segreto che ha decretato il grandissimo successo di questo tour, poi divenuto un cd e un dvd: un quid che è l’assenza assoluta di compromessi, con se stessi e con il proprio pubblico, l’eleganza e la classe di tre cantautori di razza, e di un’interprete che vive il suo mondo musicale da cantautrice e che con questo spirito interpreta anche pezzi che in origine non erano stati composti per lei, sublimandoli. Al grande successo del tour a quattro, si affianca, più o meno contemporaneamente, un’esperienza curiosa, che vede una piccola partecipazione di Fiorella Mannoia (nei panni di Irene) all’interno del film “Prima dammi un bacio”, di Ambrogio Lo Giudice, musicato da Lucio Dalla. Un’opera che ha al centro un connubio essenziale tra musica e cinema, e che dunque non puo’ fare a meno di schierare nella sua squadra l’interprete italiana per eccellenza. All’inizio del 2004 risale la pubblicazione del doppio album Concerti, a conferma di una dimensione artistica sempre più orientata verso l’esibizione dal vivo e il contatto con il pubblico. Che non ha mancato di corrispondere le attese, trasformando l’album in un eccellente successo di vendite. Nel novembre 2006 pubblica Onda tropicale, preceduto dal brano Cravo e canela scritto da Milton Nascimento con cui canta. L’album è un omaggio alla musica popolare brasiliana, specialmente al repertorio carioca, e la vede duettare con i più importanti artisti brasiliani come Nascimento, Gilberto Gil, Chico Buarque, Carlinhos Brown, Chico César, Djavan, Lenine, Jorge Benjor e Adriana Calcanhotto. Album da definirsi “storico”: nessuno mai era riuscito a riunire in un solo progetto tutti questi importanti artisti brasiliani. Sei brani dall’album sono tradotti da Fabrizi e cinque sono cantati in portoghese. Il 31 luglio del 2007 durante il doppio concerto-evento tenuto a Le Castella di Isola Capo Rizzuto (Crotone), insieme a Gilberto Gil, riceve il “Riccio d’Argento” della XXI edizione di Fatti di Musica, la rassegna del miglior live italiano diretta da Ruggero Pegna. Il 10 novembre 2007 pubblica Canzoni nel tempo, la prima raccolta di tutte le sue canzoni, contenente anche due cover, Dio è morto di Francesco Guccini e Io che amo solo te di Sergio Endrigo, per quest’ultimo brano è stato realizzato un videoclip che vede la partecipazione di numerosi attori italiani, tra cui Ambra Angiolini, Raoul Bova, Sabrina Impacciatore, Giorgio Pasotti, Pierfrancesco Favino e molti altri, che rifanno alcune scene di classici della cinematografia come Jules e Jim, Il tempo delle mele, Accadde una notte e Titanic. Il 7 novembre 2008 esce Il movimento del dare, nuovo album di inediti dopo sette anni, in cui la Mannoia collabora con Pino Daniele, Ivano Fossati, Franco Battiato, Tiziano Ferro, Ligabue, Jovanotti, Bungaro e altri. Il 12 marzo ha ricevuto il “Riccio d’Argento” della XXIII edizione di Fatti di Musica per il “Miglior Live Teatrale del 2009”.
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