Johnny Fiorillo
Johnny Fiorillo, oltre ad essere disponibile e simpatico, si è dimostrato una persona estremamente competente ed innovativo; parlandoci delle sue non poche esperienze, ci ha trasmesso delle emozioni ma soprattutto ha dimostrato il suo amore per questo nostro strumento e come si può e si deve far musica con i sentimenti e non solo con i contratti.
Johnny Fiorillo
Johnny Fiorillo
Durante l’ottimo ed interessantissimo seminario di Peter Erskine, ho avuto modo di conoscere ed apprezzare un personaggio di cui non avevo sentito parlare prima.
Johnny Fiorillo, oltre ad essere disponibile e simpatico, si è dimostrato una persona estremamente competente ed innovativo; parlandoci delle sue non poche esperienze, ci ha trasmesso delle emozioni ma soprattutto ha dimostrato il suo amore per questo nostro strumento e come si può e si deve far musica con i sentimenti e non solo con i contratti.
Planet Drum – Allora Johhny, parlaci un pò di te. Vai a ruota libera visto che sarebbe riduttivo farti le solite domande.
Johnny Fiorillo – Ho iniziato a suonare quando avevo 10 anni . Ho iniziato ascoltando i Beatles 35 anni. Ascoltando molto Ringo Starr. Poi ovviamente da ascoltatore, mi sono spostato su quello che è il Rock anni ’70 e soprattutto il Rock britannico: Queen, Deep Purple, Led Zeppelin. Poi mi sono indirizzato verso il Progressive con i Genesis per poi andare verso i Weather Reports, John Mc.Gloughlin, proprio agli inizi della fusion, quella degli anni ’70. Da lì mi sono innamorato di Billy Cobham con il suo bellissimo album “SPECTRUM”. Io suonavo da autodidatta avevo circa 12 anni, ma proprio Spectrum mi ha dato l’impulso di studiare privatamente, mentre fino ad allora avevo fatto tutti i miei studi solo ascoltando dischi. Spectrum per me era indecifrabile e questo mi ha spinto a prendere lezioni. Avevo un insegnante locale Bruno Rizza che aveva esperienza all’estero e ho studiato con lui per tre anni introducendomi ai grandi. Ho studiato sul famoso Gene Krupa e bisogna dire che allora non esisteva la disponibilità di metodi che ci sono oggi.
Tu pensa che a casa mia non avevamo nemmeno il videoregistratore!
Questo però non mi bastava, sentivo dentro di me un fuoco, il cosiddetto sacro fuoco dell’arte, volevo di più. Girovagavo. Sono andato a Roma fino a quando, con l’occasione dell’invito di mio cugino, che viveva a Londra, sono andato a vivere in Inghilterra. Sono stato lì per dieci anni studiando con il migliore insegnante di tutto il Regno Unito, famoso in tutto il mondo: Bob ARMSTRONG. Armstrong è stato insegnante di tutti i più grandi batteristi inglesi; te ne cito alcuni: Steve White dei Phill Gold Level 42 Gary Husband degli ultimi Level 42 Gungudine Helly degli Icongnito, il batterista degli Oasis. Ho anche sentito dire che Dave Weckl quando va a Londra lo va a trovare. Insomma un grande.
Io pur lavorando vendendo gelati per mantenermi, ho studiato con lui 6 anni pagando le 40 sterline per un’ora di lezione che non erano poche ma che mi hanno insegnato molto.
Con l’avvento della recessione in UK decisi di tornare in Italia, ma non mi sono fermato. La mia mentalità era ormai cambiata e avevo necessità di muovermi. Così me ne andai a Los Angeles, dove conobbi e divenni amico di Frank Gambale, il quale mi presentò a Steve Smith e dal quale presi alcune lezioni per perfezionarmi.
Lasciata Los Angeles sono tornato in Italia, ma dopo alcuni anni mi sono imbarcato in una nuova avventura e sono partito per New York, dove ho studiato con King Plainfield della Drummer Collective e una volta cominciato a suonare ho incontrato Bob Mover, uno dei più grandi sassofonisti della storia e ho suonato 2 anni con lui e Tony Castellano pianista jazz. Ho praticamente conosciuto e suonato con i mostri sacri del jazz e grazie a loro ho imparato moltissimo sul jazz.
Dopo questa esperienza ho tirato su un mio quintetto con il quale ho suonato per 5 anni.
Ora mi sto dedicando ad un nuovo progetto. Arrangiare in versione jazz musica anni 70/80 tipo Steve Wonder, Marvin Gay, musica dell’era Mow Town.
Planet Drum – Visto che tu sei un batterista che, non solo si è fatto da solo, ma ha anche conosciuto e collaborato con i grandi della musica jazz, e visto che provieni da un tipo di musica che ha radici profonde, cosa ci puoi dire della musica contemporanea e delle nuove leve.
Johnny Fiorillo – Secondo me di musica buona non se ne fa più, i musicisti di una volta non ci sono più, la mentalità è cambiata con il computer che sostituisce il musicista, questi motivi mi hanno spinto verso questo progetto dell’arrangiare in versione jazz musica anni 70/80 che ti dicevo. Io spero vivamente che il pc non riuscirà mai a produrre suoni di batteria veritieri altrimenti il nostro sarà un mestiere finito. Spero che a livello musicale nelle nuove generazioni ci sia l’alba di una nuova coscienza.
Vedi il problema delle nuove generazioni è che chi insegna musica non insegna lo spirito della musica, ma insegna la superficialità di essa; quello che dovrebbero insegnare è seguire le radici. Molti ragazzi mi parlano del Rock Progressive,dei Dream Theater. Sono sì tutti molto bravi ma avete mai sentito i Genesis gli rispondo io? Ci sono delle cose nel passato, delle basi che nessuno insegna più, e che nessuno dice di andare a vedere.
Il problema di oggi è che non essendoci più lavoro come una volta, ci mettiamo a fare le marchette. Si punta tutto sul fattore economico anche nelle lezioni. Questo non permette di creare la mentalità giusta, quella mentalità che ti permetterà di scoprire il sacro fuoco dell’arte dentro un allievo e che fa rigirare tutto nel verso giusto. Se vali lavori cresce tutta la comunità della musica. Tutto dipende da noi. Se questo non lo capiamo noi, come può capirlo un ragazzo che sta iniziando a suonare adesso?
Planet Drum – Di cosa ti stai occupando attualmente?
Johnny Fiorillo – Sono insegnante della percento musica e mi piacerebbe fare un saluto a Pierpaolo Ferrone e a Derek Wilson che ha creduto molto in me, mi sta inserendo nel giro e studiamo insieme già da tempo. Faccio anche delle sostituzioni all’Università della Musica.
Dal punto di vista musicale sto lavorando su questo progetto del Mow Town con un quintetto riarrangiando pezzi 70/80 in versione jazz, credo di avertelo già detto più volte (risa generale)!
Ora sono conosciuto grazie al fatto di aver studiato con Smith e Bob e che conosco la Moeller Technique. Una tecnica insegnata da Freddie Gruber e della quale ne parla molto anche nel suo ultimo video Dave Weckl ammettendo di aver utilizzato sino ad ora una tecnica troppo fisica e nervosa.
Vedi Moeller era un timpanista tedesco e musicista classico. Proveniente dal conservatorio in Germania, da dove era emigrato, viene a conoscenza, durante la guerra di secessione, del modo di suonare e di impugnare con la sinistra la bacchetta dei musicisti arruolatisi insieme a lui nell’esercito. Siamo nel 1862 e le uniche vere autorità riconosciute come tali che potessero insegnare come suonare il tamburo militare erano George B. Bruce e Gardner A. Strube. Moeller a contatto con questi insegnanti aprende l’uso del “whip motion”, ossia del cosiddetto movimento a frusta, e del tap (le oggi tanto apprezzate ghost notes) e nota come questi insegnanti riescano a suonare per ore a volume sostenuto e senza subire alcun tipo di danno fisico. Da qui nasce “Il Metodo” che viene oggi visto come una rivoluzione. Moeller, con lo stretto contatto, nota che nel suonare i due musicisti usavano molto poco il polso, e moltissimo le dita, permettendo alla bacchetta di fare il resto. Dall’alto della sua conoscenza, derivata appunto dalla formazione classica (suonava comunque anche il piano e il Vibrafono) si spinse oltre aggiungendo e modificando dei particolari al modo di suonare e di impugnare la bacchetta che aveva appena imparato. Ovviamente tale sforzo richiese molto tempo e tantissima determinazione.
Negli anni a venire comunque Moeller riuscì a definire quella che oggi è sicuramente vista come la tecnica esecutiva per Tamburo e per Drum Set più efficace in assoluto.
Dalla tecnica jazzista Moeller ha tirato fuori una sua tecnica ed è del 1862. Jim Chapin, Gerge Oliver Stone (Stick Control) sono stati suoi allievi i quali lo hanno aiutato a divulgarela. Dopo 140 anni questa tecnica è ancora valida ed efficace e, come dice Weckl nel suo video, permette di usare la bacchetta a vostro favore non contro. Grazie a questa tecnica con un solo movimento si ottengono 2/3 colpi grazie ad un sistema di leve. Questo non ti fa stancare ti fa andare più veloce ed il suono ne risente migliorando la qualità.
Se a quei tempi fosse esistito il premio nobel, avrebbero dovuto darlo a Moeller!
L’unico difetto di questa tecnica è che ha bisogno di continuo studio e grossa fiducia, i tempi sono lunghi, ma ricordo che una volta Steve Smith mi disse “No short luts” non ci sono scorciatoie quello che non fai oggi dovrai farlo domani. E ricordo anche un altro mio insegnante Bob Armstrong che mi disse “Slow Practice Fast Progress”, lasciamo che la natura si prenda il suo tempo, se per imparare un colpo ci vuole un anno prendiamoci un anno.
Planet Drum -Proprio qui subentra l’importanza dell’insegnante.
Johnny Fiorillo – Certo, proprio qui subentra l’importanza dell’insegnante. Insegnare non è facile, e un insegnante può rovinare praticamente una persona, il suo allievo, dandogli delle informazioni sbagliate, facendogli spendere del tempo su cose non giuste, demoralizzandolo, distruggendo un potenziale musicista.
Planet Drum -Parlaci del tuo set.
Johnny Fiorillo – Io ho un Kit 22 10 12 14 16
Sono endorser della Tamburo e Ufip e vorrei ringraziare la Proel per la Tamburo e Tullio Granatiello e Gigi Tronci per la Ufip. Derek Wilson, Pierpaolo Ferrone della percento musica e i miei allievi che credono in me.
Planet Drum -Sei un grande che ringrazi gli allievi!
Johnny Fiorillo – Sai, vorrei sfatare un’altra cosa. Non bisogna essere grandi musicisti per insegnare,perchè se io una cosa la so veramente so anche spiegarla e te la faccio capire.
Planet Drum -Come accrodi i tui tamburi.
Johnny Fiorillo – I tom l’accordo la pelle risonante sotto leggermente più tirata di quella battente stando attento alle norme generiche, stando attento all’uniformità del suono all’altezza di ogni tirante, mettendo un dito al centro della pelle, insonorizzando l’altra pelle e picchiettando all’altezza del tirante finoad ottenere lo stesso suono ad ogni punto. Al momento che ho ottenutolo stesso suono significa che la pelle è tirata uniformemente. Da quel momento, mi metto in cerca del suono che più mi soddisfa. Per me il suono non è un suono. Per me il suono è dove quel tamburo suona al suo meglio. I tamburi non necessariamente suonano quando vengono tirati. Ogni tamburo, ogni misura ha la sua giusta tensione: se lo allenti troppo c’è un punto dove suona ma manca di corpo, oppure c’è un altro punto dove suona ma manca d’attacco, o trovi un altro punto dove suona ma manca di sustain
Qual’è allora il suono giusto? Io mi fermo quando ho il suono pieno, l’attacco pieno ed il sustain pieno, odio lo scotch. E’ assurdo avere batterie d’acero e poi sordinarle con lo scocth.
Un’altra cosa da ricordare per quanto riguarda il suono. Il suono lo fanno le mani. In un’ intervista di alcuni anni fa a Max Roach, un ragazzo gli chiese che tipo di piatti usava visto il loro ottimo suono. Lui rispose “ti ringrazio per i complimenti…erano piatti. Ricordate il suono lo fanno le mani. Charlie Parker fece un album intero con un sassofono di plastica e nessuno lo sa.”!
Planet Drum -Con questa sconcertante rivelazione, ti ringraziamo per la tua dosponibilità (vista anche l’ora) e per l’aiuto che ci dai nella sezione Didattica di questa rivista. Te ne siamo grati e abbiamo bisogno di persone valide come te.
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