La crisi della creatività ovvero cinque scimmie e una banana
Non avete idea di quante volte osservo e conosco musicisti frustrati per il loro modo di suonare “fuori dal coro”. Infinite volte.
Costoro (ovviamente esclusi i tantissimi che si sentono artisti migliori e diversi solo per una marcata ignoranza, sia in campo musicale, sia per una distorta visione di se) hanno delle capacità e delle intuizioni davvero eccellenti: preferiscono lavorare su loro stessi anziché emulare altri artisti, amano prendere ispirazione e confrontarsi con altri strumentisti e compositori, non hanno rispetto per alcuno status quo e prediligono l’innovazione, pur conoscendo la tradizione, sperimentano nuovi linguaggi perché coscienti che gli stili, in tutte le arti, nascono da uomini che hanno saputo osare, distruggendo regole e canoni che, come si sa, ad un certo punto della vita diventano limiti per l’autosviluppo di qualsiasi artista.
La crisi della creatività ovvero cinque scimmie e una banana
Non avete idea di quante volte osservo e conosco musicisti frustrati per il loro modo di suonare “fuori dal coro”. Infinite volte.
Costoro (ovviamente esclusi i tantissimi che si sentono artisti migliori e diversi solo per una marcata ignoranza, sia in campo musicale, sia per una distorta visione di se) hanno delle capacità e delle intuizioni davvero eccellenti: preferiscono lavorare su loro stessi anziché emulare altri artisti, amano prendere ispirazione e confrontarsi con altri strumentisti e compositori, non hanno rispetto per alcuno status quo e prediligono l’innovazione, pur conoscendo la tradizione, sperimentano nuovi linguaggi perché coscienti che gli stili, in tutte le arti, nascono da uomini che hanno saputo osare, distruggendo regole e canoni che, come si sa, ad un certo punto della vita diventano limiti per l’autosviluppo di qualsiasi artista.
Purtroppo però questi grandi coraggiosissimi ed impavidi spiriti non di rado trovano quella che Einstein definì come la “violenta opposizione dei mediocri” che rende l’evoluzione culturale una vera e propria via crucis per chi cerca di migliorarla con la propria esperienza. Tra le tante cause che caratterizzano tali dinamiche, quella che mi è più chiara è caratterizzata da una specifica schiera di esseri umani i quali, per difendere i loro interessi (principalmente economici od egoici) , preferiscono il ristagno della cultura anziché il suo avanzamento. Si chiamano “ Misoneisti “ (dal greco di miso-, odio, e di νέος (néos), nuovo, completato dal suffisso -ismo indicante un pensiero, un concetto), ovvero coloro che odiano le novità ovunque ed in ogni campo, favorendo la stagnazione di pensieri, idee, sviluppi, teorie e, nel caso che più ci interessa, di suoni e musiche. Nella fattispecie, vi è questa assurda tendenza a mantenere regole espressivo-musicali che sostanzialmente nessuno ha mai indetto ma che tutti (eccetto chi si è affermato in questo od in quel circuito musicale) segue come leggi canoniche, senza porsi il perché esistano , giustificandosi al massimo solo ed esclusivamente per il fatto che “da quelle parti si fa così! Punto! E tu musicista non hai il diritto di esprimerti con il tuo gusto”. La prima conseguenza in queste situazioni è una sorta di “scacco matto” psicologico per il musicista intellettualmente indipendente, con la conseguenza che il malcapitato sarà costretto a fingere ciò che non è : un jezzista, un rocker, un popper, un turnista, un concertista, un compositore e moltissimi altri appellativi totalmente sconnessi dalla profonda verità.
Per fare due esempi: vi immaginate se Jimi Hendrix fosse stato soggiogato dai pareri altrui? Oppure se Shoemberg avesse continuato a seguire le regole del sistema tonale?
E se Billy Cobham avesse continuato a suonare solo ed esclusivamente nella banda dell’esercito statunitense?
La musica dove sarebbe ora? Pensate che loro avrebbero mai venduto le loro intuizioni per uno status quo privo di ogni logica e senso?
Non credo.
Miles Davis soleva dire che “la musica è una sola”. Niente di più vero. Mi piace prolungare questo pensiero alla persona: nessuno di noi è appartenente ad alcun genere o movimento, ognuno di noi è unico e questo concetto è reale! Siamo tutti differenti ma spesso abbiamo paura, perché abbiamo la tendenza a confondere la nostra unicità con la solitudine, ed ecco che nascono questi assurdi “recinti per la creatività e l’avanzamento della cultura”. E’ irragionevole come nel ventunesimo secolo l’essere umano abbia questo contraddittorio bisogno di incasellare ed inglobare ciò che non può essere delimitato in alcun modo. L’arte, in ogni sua forma (e soprattutto in questo periodo storico emotivamente e socialmente represso) ha bisogno di esseri che si impongano a questo mediocre e becero equilibrio figlio diretto dell’industria culturale, la quale trova giustificazione al fatto del perché in tivù siamo bombardati da format e spettacoli musicali che hanno tutto fuorché la musica come protagonista. “amici di maria”, “x factor”, “tu si que vales”, sono soltanto una palese rappresentazione di quello che accade ovunque: dal jazz club al rock café, dalla jam session al collettivo di musicisti riuniti. Anni ed anni di bersagliamenti mediatici fatti di spot ed illusioni, di modelli estetici da seguire, hanno fatto sì che ci allontanassimo dalle nostre idee, dal credere nel nostro più intimo pensiero, quindi da un nostro singolare modo di suonare e di esprimerci. Ciò che voglio dire è che chi fa musica deve si avere una preparazione che richiede studio dedizione e conoscenza dello strumento e della tradizione musicale ad esso connesso ma poi, prima o poi, deve portare agli altri il proprio intelletto, il proprio stile, la propria consapevolezza!!!! Scimmiottare chi è già esistito, cercare di comporre una musica “commerciale”, utilizzare suoni che vanno di moda per raggiungere l’obiettivo della popolarità rappresenta a tutto tondo il risultato di un indottrinamento ben mirato e voluto, causa primaria del ristagno e della frustrazione culturale del nostro periodo storico.
Come musicista, per anni, mi sono ritrovato frequentemente in ambienti davvero mediocri, nei quali vigono queste “regole” e dove l’unico guadagno lo raggiunge solo ed esclusivamente chi è al vertice dell’industria culturale, reprimendo l’avanzamento e l’innalzamento degli spiriti umani. Poi però ho iniziato ad ascoltarmi, ed oggi sono davvero molto sereno, perché questa attitudine mi ha portato a fare ricerche sonore, a suonare più strumenti per sentire la bellezza dei loro suoni, a sperimentare e stimolare il mio gusto estetico musicale con esperimenti e tentativi: ad inseguire l’eterna Chimera dell’indipendenza sonora.
Chi fa musica nutre un amore innato per tutte le cose, e proprio per questo è naturalmente dedito e predisposto al miglioramento della collettività, pertanto non distruggiamo il motivo principale per il quale abbiamo iniziato questo percorso: l’autosviluppo. La nobile condivisione dei suoni. Il bene.
Vi invito, senza premessa alcuna, a vedere questo video. A me personalmente ha segnato il cammino verso “la serena indipendenza della solitudine”.
Michele Villetti
Repubblica delle arti
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