Marco Confetti beato tra le donne!
Emmanuelle Caplette e Anika Nilles alla corte di uno tra i più talentuosi batteristi italiani
Marco Confetti, musicista poliedrico dalle collaborazioni più svariate ma prevalentemente proiettato nell’ambito Rock/Blues.
Ha collaborato, tra gli altri, con artisti del calibro di Giacomo Castellano, Giuseppe Scarpato, Michele Papadia, Steve Arvey, Jono Manson e molti altri.
Nel 2006 si è diplomato col massimo dei voti e menzione di lode presso l’accademia di batteria Scuderie Capitani sotto la guida del Maestro Gianluca Capitani.
Ha frequentato il triennio Jazz presso il conservatorio di Ferrara studiando col Maestro Ellade Bandini.
Ha studiato inoltre con nomi di primissimo piano del panorama musicale italiano e internazionale come Agostino Marangolo, Alfredo Golino, Pooky Stix e frequentato innumerevoli master class con i più importanti batteristi internazionali (Jojo Mayer, Keith Carlock e molti altri).
Dal 2009 coordina e dirige la scuola di musica New Generation Drum School. La sua intensa attività didattica comprende anche seminari e clinic sul territorio nazionale.
Planet Drum lo ha incontrato durante una delle due clinic evento organizzate dallo stesso Marco.
Marco Mammoliti – Ciao Marco, sei appena uscito da due grandi venti organizzati da te con due importanti batteriste. L’ultimo è di pochi giorni fa con due date in Toscana al fianco della batterista canadese Emmanuelle Caplette. Raccontaci com’è nata questa collaborazione.
Marco Confetti – Ciao a tutti gli amici di Planet Drum e grazie per l’attenzione che da sempre avete verso questo tipo di eventi.
Si tratta di due clinic che si sono tenute a Prato l’11 luglio presso il Riff Club e il giorno seguente a Marina di Grosseto, in un contesto bellissimo, sulla spiaggia “Moreno Beach”, grazie all’organizzazione dei miei colleghi ed amici Bernardo Grillo e Tommaso Niccolai.
Con Emmanuelle ci siamo conosciuti in occasione del suo primo tour clinic italiano la scorsa primavera, ed è nata subito una sintonia. Emmanuelle è quel tipo di persona e di musicista con cui è impossibile non andare d’accordo: super professionale, disponibile, simpatica e ovviamente molto preparata.
Sapendo che in quel periodo sarebbe stata in Francia per un drum camp, ho deciso di sfruttare la vicinanza e di farla tornare in Italia per qualche data. A lei è piaciuta l’idea e da lì è nata la voglia di fare qualcosa insieme, una “double clinic”.
MM – Come si sono svolti questi eventi?
MC – In realtà a Prato, che è la mia città, ho preferito non fare la mia clinic perché il pubblico sarebbe stato costituito in larga parte da miei allievi, amici e colleghi e credo che la cosa sarebbe risultata un po’ forzata oltre che noiosa, in quanto mi conoscono già tutti. Non credo che i miei studenti avrebbero avuto voglia di sentire le mie prediche anche in quell’occasione (ride, ndr). Quindi ho deciso di lasciare spazio a Emmanuelle. Ho avuto il mio spazio anch’io e sono stato felice di ciò, abbiamo suonato insieme durante la jam session che ha seguito la clinic. A Grosseto invece ho fatto il mio set di apertura come previsto.
MM – Mi pare di aver capito che nei giorni successivi alla clinic di Grosseto, ha comunque svolto delle lezioni presso il centro musicale Rockland. Puoi dirci qualcosa in più?
MC – Si, esatto. Anche questa è stata un’idea di Bernardo Grillo e di Tommaso Niccolai che sono insegnanti abilitati Scuderie Capitani presso Rockland di Grosseto.
La clinic si è tenuta mercoledì 12 luglio ed io sono stato felice di mettermi a disposizione per lezioni private e di gruppo nei giorni 13, 14 e 15 luglio. La cosa mi fa particolarmente piacere perché Rockland è anche la scuola dove mi sono diplomato sotto la guida di Gianluca Capitani, ormai dieci anni fa. Un motivo di orgoglio in più.
MM – So che in tanti ti avranno già fatto questa domanda ma io non posso esimermi dal fartela comunque: di recente hai organizzato un drum camp con Anika Nilles; ci puoi dire il perché di questa scelta che ha riguardato due “female drummes”?
Vuoi dirci qualcosa anche su questa esperienza appena conclusa?
MC – Questa domanda l’ho già sentita (ride, ndr)…
So che ti deluderò ma devo confessarti che è stata una casualità.
Al camp di Anika avevo iniziato a lavorare già da novembre in quanto lei è un’artista che seguo dai suoi primi video e che stimo enormemente. Eravamo in contatto via internet e ci siamo conosciuti a Siena l’anno scorso. Oltre ad essere una performer straordinaria, è anche una “didatta vera”, con un metodo molto strutturato che tra l’altro è molto simile a quello con cui mi sono formato io. Inoltre rappresenta benissimo il musicista della nuova generazione: performer, didatta, compositore, band leader, promoter di sé stessa, attiva sulle piattaforme on line e video producer. Insomma la figura perfetta per il contesto che avevo in mente.
Il camp è durato tre giorni nello splendida location della scuola Music Tribe (a metà strada tra Firenze e Siena), ed è stato molto intenso, con sessioni di otto/nove ore al giorno, tantissimo materiale didattico e jam session finale. Il fatto poi di aver puntato sul numero chiuso è stata una scelta vincente che ha permesso di avere una qualità didattica altissima e di costituire una piccola classe affiatata e coesa in cui gli studenti si stimolavano e si aiutavano a vicenda. Insomma, un successo che spero potremo replicare il prossimo anno.
L’idea della collaborazione con Emmanuelle invece è arrivata dopo, come ti dicevo, ma capisco che chiamare le due batterista più “in vista” del momento, abbia dato l’idea di una sorta di “svolta al femminile”.
MM – Hai accennato ad una jam session; anche le due clinic di Emmanuelle sono state seguite da una jam, giusto?
MC – Si, è così. La jam è un momento un po’ più “leggero” e divertente ma è anche l’occasione per suonare davvero con una band invece di usare le drumless track. Inoltre io ho la fortuna di avere dei super professionisti sempre disponibili a darmi una mano (Giacomo Castellano, Giuseppe Scarpato, Marco Polidori e Cris Pinzauti, nda), e quindi perché non sfruttare l’occasione? La cosa importante in questi casi è avere intorno musicisti seri ed esperti perché c’è il rischio di far degenerare la jam (che è un evento che mediamente si svolge senza aver potuto provare), in una sorta di battaglia di suoni. Quando invece la band è composta da persone intelligenti, abituate ad improvvisare e a condurre uno show di questo tipo, l’artista ospite si sente subito a suo agio e può dare il meglio di sé.
MM – Un’ultima domanda: credi che clinic ed eventi didattici in genere siano in crisi in questo periodo? Sono troppe rispetto al passato o c’è semplicemente meno curiosità e meno voglia di imparare?
MC – Credo che indubbiamente ci sia meno curiosità rispetto al passato e questo è dovuto sia ad internet sia al numero crescente di eventi di questo tipo.
Quando ero un ragazzino non sapevo neanche che faccia avessero i batteristi dei dischi che ascoltavo e mi facevo decine di chilometri per andare nei piccoli club a vedere musicisti mediamente scarsi ma che per me all’epoca erano dei giganti. Oggi sul web ci sono ottimi tutorial di chiunque su qualunque aspetto del nostro strumento e questo rende tutti più pigri quando si tratta di andare ad una clinic. Devo anche dire però che l’idea che oggi ci sia meno voglia di imparare rispetto al passato, è un falso mito.
Diciamoci la verità: di voglia vera ce n’era poca anche prima. Se alle clinic di Simon Philips nei primi anni ’90 venivano 200 batteristi, erano forse un paio che tornavano a casa e si mettevano a lavorare duro su ciò che avevano imparato. Gli altri erano là perché questi eventi erano degli show interessanti e non tanto comuni. Oggi non abbiamo più quella parte di pubblico curioso e ci sono rimasti solo i due tizi della clinic di Simon Philips che volevano davvero imparare (ride, ndr).
Al tempo stesso mi sento anche di dire che tutto questo mondo virtuale accende anche la voglia di cose reali e lo dimostrano i tanti bellissimi concerti quasi sempre sold out di queste settimane. Le persone vogliono ancora emozioni vere ma vogliono eventi di qualità. Giustamente preferiscono spendere per vedere un grande show piuttosto che assistere ad un evento pietoso e gratuito. Spetta a noi addetti ai lavori fare del nostro meglio in questo senso senza cercare tante scuse.
MM – Vuoi aggiungere qualcos’altro?
MC – Due cose se possibile.
Un pensiero al grande John Blackwell. Ho saputo in queste ore della sua prematura scomparsa e la notizia mi ha sconvolto.
E poi ci tengo molto a ringraziarvi nuovamente perché ricevere l’attenzione di una rivista specializzata del livello di Planet Drum è una cosa che non è affatto scontata e di cui vi sono profondamente grato.