Maurizio Sgaramella
”……la filosofia ritmica e le emozioni di un batterista italiano all’estero……..”
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Maurizio Sgaramella, romano di nascita, classe ’68, batterista nella vita, rappresenta oggi un esemplare modello di esportazione del drumming italiano all’estero: alle spalle ben due tour mondiali con il noto cantante pop spagnolo Alejandro SANZ ( Mas Tour 1998, El Alma al Aire Tour 2001).
Maurizio Sgaramella
”……la filosofia ritmica e le emozioni di un batterista italiano all’estero……..”
Maurizio Sgaramella, romano di nascita, classe ’68, batterista nella vita, rappresenta oggi un esemplare modello di esportazione del drumming italiano all’estero: alle spalle ben due tour mondiali con il noto cantante pop spagnolo Alejandro SANZ ( Mas Tour 1998, El Alma al Aire Tour 2001). A questi tour ne seguono altri due con Miguel BOSE’ (Sereno Tour 2002–Por Vos Muero Symphonic Orchestra 2004), ed in più una lunga serie di collaborazioni musicali fatta da dischi e tournee, realizzati con numerosi artisti (Joe ZAWINUL, Victor BAILEY, Peter WALSH (produttore e arrangiatore, di Peter Gabriel), Chris CAMERON, (produttore e arrangiatore di George Michael, Elton John, Tina Turner), THE CORRS, Howard JONES, Angelo BRANDUARDI, Joaquin SABINA, Francisco CESPEDES, Gregg BISSONETTE, Simon PHILLIPS, Sergio DALMA, Manuel Ruiz “QUECO”, Ana TORROJA, Ivana SPAGNA, Giorgio FALETTI, Francesco BRUNO, Rossana CASALE) che gli hanno regalato tanta popolarità nella musica pop latina e soprattutto l’opportunità di offrirle un contributo ritmico e stilistico dal sapore italiano. Tra una pausa dal lavoro ed un’altra l’abbiamo incontrato nel suo studio di Mantova. In quest’intervista cercheremo di farvelo conoscere più da vicino con l’obiettivo di rendere pubbliche non solo le sue spiccate ed incisive doti musicali ma anche quelle personali che fanno di lui una persona simpaticissima, disponibile al dialogo e soprattutto umile e realista.
G.R. – Allora Maurizio, vuoi raccontarci com’è iniziato il tutto? Il tuo era un sogno, un’aspirazione o le circostanze della vita ti hanno portato casualmente a scegliere questo strumento?
M.S. – Nel mio caso non c’è stato niente di programmato! Diciamo che fin da piccolo non intendevo affatto diventare un batterista dato che la mia più grande passione fino ai 16 anni era stata quella del nuoto che praticavo quasi a livello professionistico! Un bel giorno accadde che il batterista del gruppo di mio fratello litigò con la band e andò via! Io che assistevo spesso alle prove del gruppo, in vista di un live imminente decisi di sostituirlo, pur non avendo mai suonato prima! Suonai secondo gli altri addirittura meglio del batterista titolare e mio fratello, per premiare la mia buona volontà, decise di pagarmi le prime lezioni e di comprarmi la mia prima batteria.
G.R. – Tu oggi lavori molto, soprattutto nel latin pop straniero. Hai registrato già molti dischi (vedi discografia) e fatto diversi tour mondiali. Possiamo chiederti cosa ti piace di più di questo genere musicale?
M.S. – La mia attività nel latin pop è il risultato di una serie di incontri musicali avvenuti in Italia per i quali ho avuto poi la possibilità di recarmi in Spagna, America Latina e USA. Musicalmente ho dovuto confrontarmi con nuove culture: quella flamenca e quella latino-americana. Venendo da una conoscenza musicale di stampo italiano ho dovuto lavorare su grooves meno consueti per me pur continuando ad usare click e loops elettronici, questo fatto mi ha arricchito moltissimo. E’ stata quindi una grande esperienza formativa che ha arricchito il mio bagaglio artistico e culturale.
G.R. – Lavorare tanto all’estero è il frutto di una tua scelta o la conseguenza pura e semplice degli eventi capitati attorno a te?
M.S. – Nei primi anni ’90 abitavo e suonavo a Roma! In quel periodo discograficamente c’era poco lavoro. Decisi cosi di andare a Milano, città dove incontrai un importante arrangiatore pop che già aveva lavorato per i Pooh, la Vanoni, etc. e che stava producendo il cantante spagnolo Alejandro Sanz. Nel ’98 Sanz vendette circa 6 milioni di copie e questo diede la possibilità ai produttori di organizzare una grossa tournee mondiale. Si pensò di preparare una band mista composta in pratica da italiani (batteria, chitarra elettrica e un polistrumentista) e spagnoli. Cosi iniziò per me questa immensa esperienza formativa che mi ha dato la possibilità di conoscere tutto quello che c’è dietro un tour mondiale e soprattutto di capire ed avere la conferma del fatto che niente capita per caso, bisogna cercarsela il più delle volte e fare tanti sacrifici.
G.R. – Volendo fare un confronto qualitativo fra la realtà pop italiana e quella latina in cui lavori, avresti delle differenze rilevanti fra le due da mettere in risalto?
M.S. – Diciamo in linea di massima che in Italia c’è troppa musica americana e troppe influenze che la richiamano! La cosa maggiormente distintiva è che in Spagna il legame con il proprio patrimonio culturale ed artistico è più saldo. In Italia a mio avviso è data troppa importanza a qualsiasi cosa abbia il marchio americano lasciando da parte e non considerando gli ottimi musicisti italiani che pur ci sono, ma che hanno poco spazio.
G.R. – Nel 1998 fai la tua prima tournee mondiale con Alejandro Sanz , a cui ne segue un’altra con lo stesso artista nel 2001. Sia per il primo che per il secondo tour vengono realizzati anche due dvd live ( Mas Tour Live, 1998 e El Alma al Aire, 2001). Nel Tour El Alma al Aire c’è un palco enorme con 60.000 persone che urlano e cantano. Quali emozioni hai provato in quel momento come batterista e come persona?
M.S. – Come persona mi sono sentito sicuramente un privilegiato: avere la possibilità di comunicare emozioni ad un pubblico così numeroso ed in varie parti del mondo è un vero privilegio. E’ stata una grande emozione e il ripensarci ancora oggi mi emoziona e mi fa felice. Come batterista avevo, invece, una grande responsabilità: quella di sostenere ritmicamente una band intera e di rispettare le regole che l’uso del computer e dei loops mi imponevano.
G.R. – Cosa rappresenta per te la musica?
M.S. – La musica è per me la qualità della comunicazione. Più essa ha qualità più è artistica. Differentemente dalle altre forme comunicative essa è però meno equivocabile, è più diretta ed ognuno le da il proprio significato. Non ci sono equivoci come può avvenire ad esempio con le parole. Quando la musica piace significa che siamo stati vincenti. In caso contrario capiamo che sono stati fatti degli errori.
G.R. – Cosa, secondo te, rappresenta invece la batteria per la musica? Peter Erskine nei suoi due video didattici ripete sempre “…..suonate bene ed in modo semplice e la musica vi darà ciò di cui ha veramente bisogno in quel momento!”. Concordi?
M.S. – Si, anche perché quando ero più giovane ho anche avuto la fortuna di incontrare Peter Erskine e di parlare con lui senza che egli sapesse che io fossi un batterista. Lui continua ancora a seguire questo principio dopo 20 anni e credo che quando un artista riesce ad essere famoso e bravo e riesce a stupirti facendo cose che anche tu puoi fare, ti ha dimostrato tutta la sua grandezza: perché egli fa cose che si distinguono proprio per la loro qualità comunicativa. La batteria ha, secondo me, un ruolo pari a quello di un portiere di una squadra di calcio: egli è nelle retroguardie, para e fa il suo lavoro. Poi all’improvviso fa una parata che salva il risultato. Cosi facendo a fine campionato egli da solo fa guadagnare alla squadra almeno 10 punti! La stessa cosa avviene col batterista: porta il tempo e sembra che sia tutto scontato. Basta però una frase, un fill particolare per mettere la propria firma al pezzo e ricordare la sua stessa importanza.
G.R. – Sulla base di questo principio che consiglio daresti a chi si avvicina allo strumento e a chi elabora il progetto di fare il professionista?
M.S. – Io generalmente non do consigli però la mia convinzione è che è sempre utile prendere spunti dai più bravi e meno bravi e rapportare però il tutto a se stessi. Uno dei scopi della musica è secondo me quello di far emergere la propria personalità: come suoni è più importante di quello che suoni. Quando mi chiamano per dei lavori siano essi in tour o in studio cerco sempre di tenere conto dello scopo della creazione artistica. In base allo scopo riesco a modellare il mio stile ma di base anche nelle realizzazioni più semplici cerco sempre di firmare il brano inserendo qualcosa di mio e di spontaneo, spesso in collaborazione con gli arrangiatori e produttori. La nostra personalità è insomma sempre al di sopra di tutto e nessuno deve reprimerla ma accettarla cosi com’è
G.R. – Quali sono i batteristi che ti hanno influenzato di più durante il tuo percorso formativo?
M.S. – Di solito non faccio mai dei nomi precisi, tutti i più grandi sono stati importanti durante la mia formazione: ho cercato di prendere idee un po’ dagli uni e un po’ dagli altri. Ma se proprio dovessi fare un nome direi Buddy Rich, non tanto per il suo stile, diverso dal mio, quanto per l’approccio che egli aveva sullo strumento e con la musica. Dirigeva da solo una big band e aveva sempre delle idee musicali geniali che se riprese ed impiegate oggi funzionerebbero in ogni caso.
G.R. – Ci sono stati nel corso della tua vita momenti importanti che ti ricorderai per sempre?
M.S. – Guardando indietro ci sono stati principalmente 2 momenti decisivi nel mio percorso personale e come batterista: uno quando mio fratello mi diede l’opportunità di iniziare lo studio della batteria pagandomi di tasca sua le prime lezioni e la mia prima batteria, una Gretsch precisamente; il secondo quando lessi agli inizi degli anni ’90 un libro del filantropo L. Ron Hubbard dal titolo “ Una nuova ottica sulla vita ”, m’insegnò il vero significato dell’integrità, dell’onestà e del coraggio, dandomi la giusta spinta e fiducia in me stesso per intraprendere la carriera di musicista in un periodo in cui non ci riuscivo.
G.R. – Quanto importante tu ritieni nella musica debba essere l’integrazione musicale con gli altri?
M.S. – Dipende dal tipo di musica. Il tutto può essere paragonato in qualche modo al teatro e al cinema: nel teatro è tutto più diretto, si vede e si ascolta il tutto lungo un unico filo conduttore. Il teatro ripropone quindi un po’ ciò che ad esempio succede nel jazz: improvvisazione ed interplay, per i quali lo stesso pezzo può essere suonato in 3000 modi diversi ogni sera. Nel cinema invece è previsto il montaggio delle scene e ancor prima la programmazione e l’organizzazione dettagliata di ogni singolo particolare: movimenti, parole, vestiti, inquadrature…. Il cinema è quindi come l’organizzazione di un tour di musica pop dove nulla è lasciato al caso ed è quindi meno spontaneo ma sempre tremendamente efficace ogni sera!
G.R. – Tu lavori come turnista. Hai mai pensato ad un progetto tutto tuo?
M.S. – Da parecchio tempo ho in mente un’idea che ancora non ho avuto occasione di realizzare: formare un gruppo fatto da elementi fissi e cambiare solamente il bassista. Il basso mi ha sempre affascinato come strumento e lo ritengo un perfetto equilibrio fra armonia e ritmo. La particolarità di questo progetto sarebbe quella di dare a vari bassisti, sia famosi che meno noti, la possibilità di suonare con una band fissa dei brani scritti da loro stessi e realizzare quindi un disco che io produrrei e suonerei ovviamente. Non farei mai un disco tipico da “batterista” mi annoierebbe.
G.R. – Che tipo di rapporto hai con i fills? In base a cosa li scegli per un brano e come li inventi?
M.S. – Sono interessato soprattutto a quello che succede un attimo prima del fill e un attimo dopo: il fill può essere anche semplice ma l’importante è partire bene e chiuderlo meglio, in modo da sottolineare il fill stesso, bello o brutto che sia.
G.R. – Parlaci del tuo set attuale.
M.S. – La mia batteria è una DW Collector’s Series con cassa da 22”, tom da 10”, 12”, 14”, 16”, rullante 14” x 5”, hardware Gibraltar e Dw, mentre utilizzo un set di piatti della serie A Custom Zildjian: ride da 20”, crash da 18”, 17”, 16”, un china da 18” e uno splash da 8” e hi-hat da 14” mentre le bacchette sono le Maurizio Sgaramella Signature Series realizzate dalla casa italiana: Ideas for Drummers che usa dei legni buonissimi!
G.R. – Sei oramai un veterano per quanto riguarda le esecuzioni con click e loops. Come ti sei rapportato ad essi? Cosa sentivi in cuffia per lo più?
M.S. – Nei primi tour mondiali che ho fatto la quantità di loops da pilotare è stata notevole: andare a tempo sul click, suonare col resto della band e stare a mio agio non è stato facile. Poi l’esperienza ti aiuta. Per cui suggerisco a tutti di suonare col click in ogni situazione ma con lo scopo di esprimere la propria personalità. In cuffia preferisco invece il click, il loop stereo, uno stereo di tutta la band. Quando posso faccio anche uno stereo della batteria, uso una cuffia semichiusa in modo da non essere escluso troppo da quello che succede sul palco. Non uso ear monitor perché non mi danno la reale sensazione di suonare uno strumento acustico.
G.R. – Da poco, hai anche iniziato a dare lezioni private presso il tuo studio. Che rapporto hai con la didattica? Ti piace, sei un tipo paziente?
M.S. – Sono un tipo molto paziente e il motivo principale sta nel fatto che capisco tutte le difficoltà che si incontrano imparando, io sono stato il primo ad avere difficoltà. Essendo autodidatta ho con l’insegnamento un approccio molto pratico: la persona che vuole imparare deve avere la possibilità di farlo cercando di sfruttare tutte le sue risorse. Ognuno ha il proprio talento: non bisogna né reprimerlo né criticarlo, bensi farlo venir fuori! E io ci sarò sempre ad aiutare chiunque avesse bisogno. La didattica è per me un aiuto agli scopi di una persona. le aspirazioni vengono prima dell’insegnamento.
G.R. – Fai anche seminari il cui titolo è “ Impara da te stesso ”. Ci spieghi cosa fai in questi incontri e perché li intitoli cosi?
M.S. – Sono convinto che la forza di una persona stia nelle sue potenzialità. Questa strada consiste nel togliere alle persone le loro confusioni che impediscono o rallentano la loro crescita artistica. Togliere la confusione significa ripristinare l’autodeterminazione di se stessi che è diverso dall’insegnare ad una persona come si suona. Insegnare come si suona significa renderla, in certi casi, altrui determinata: l’allievo compiace l’insegnante invece di se stesso! Credo che questo tipo di comprensione debba essere lo scopo di ogni clinics. Il titolo “Impara da te stesso” racchiude in sé quindi l’idea di capire se stessi, i cliché determinano la mediocrità, la personalità invece comunica se stessa.
G.R. – Fino ad oggi ti senti realizzato e soddisfatto di tutto quello che hai fatto?
M.S. – La musica è si una parte importante della mia vita ma sicuramente non è l’unica componente. Essere soddisfatto come musicista o batterista sarebbe per me troppo limititativo. La mia soddisfazione e’ nell’esserlo come uomo, coltivare ideali e valori che vanno oltre la musica. Vivo la vita e sto bene nel modo in cui lo faccio.
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