Musicoterapia: modelli e campi d’applicazione
Ci sono diversi modelli di riferimento in Musicoterapia, portati avanti da altrettante scuole di pensiero. La distinzione più importante è quella che classifica gli approcci musicoterapici a seconda che siano centrati su metodi recettivi o attivi. La musicoterapia recettiva si basa principalmente sull’ascolto sonoro musicale, con conseguente limitazione della motricità e dell’attivazione corporea da parte del paziente. In virtù di queste caratteristiche essa tende a stimolare rappresentazioni mentali, simbolizzazioni e ricordi infantili.
Musicoterapia: modelli e campi d’applicazione
Ci sono diversi modelli di riferimento in Musicoterapia, portati avanti da altrettante scuole di pensiero. La distinzione più importante è quella che classifica gli approcci musicoterapici a seconda che siano centrati su metodi recettivi o attivi. La musicoterapia recettiva si basa principalmente sull’ascolto sonoro musicale, con conseguente limitazione della motricità e dell’attivazione corporea da parte del paziente. In virtù di queste caratteristiche essa tende a stimolare rappresentazioni mentali, simbolizzazioni e ricordi infantili.
La musicoterapia attiva, invece, prevede la diretta manipolazione degli strumenti musicali utilizzati per favorire la comunicazione tra paziente e musicoterapista. La tecnica impiegata si fonda sull’utilizzo del canale non verbale e sull’improvvisazione corporeo-sonoro-musicale.
Il musicoterapista riprende empaticamente, con sintonizzazioni affettive, le improvvisazioni sonore e mimico gestuali dei pazienti, dando vita ad un dialogo sonoro in un contesto di non direttività.
Nel 1999 a Washington, in occasione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, sono stati legittimati e riconosciuti validi cinque modelli: due di musicoterapia attiva e tre di musicoterapia recettiva.
I modelli di musicoterapia recettiva sono:
• la Musicoterapia di Immaginazione Guidata e Musica (GIM);
• la Musicoterapia Comportamentista (MTBe).
I modelli di musicoterapia attiva sono:
• la Musicoterapia Analitica (MTA);
• la Musicoterapia Creativa (MTNR)
• la Musicoterapia Benenzon (MTB).
Alcuni concetti teorici alla base della musicoterapia attiva
Nel contesto musicoterapico l’elemento sonoro musicale ha un importanza fondamentale in quanto favorisce momenti di sintonizzazione. Secondo gli studi di Stern (1985), la “sintonizzazione affettiva” tra madre-bambino è un processo fondamentale per l’acquisizione del senso di sé. Le sintonizzazioni sono alla base della relazione intersoggettiva ed hanno luogo grazie alle percezioni amodali quali la forma, l’intensità e il tempo, tutti elementi costitutivi del suono e della musica.
Durante una seduta di musicoterapia attiva il musicoterapista si sintonizza col paziente mettendo in atto comportamenti in grado di esprimere la qualità di un sentimento condiviso. In questo senso “la musicoterapia, configurandosi come metodologia capace di aiutare il paziente a sentirsi compreso, ascoltato e accettato, è in grado di favorire la creazione di una valida piattaforma relazionale tra musicoterapista e paziente, stabilendo lo sviluppo dei presupposti necessari par l’innesco di un processo di cambiamento”(Benenzon et al., 2005, p.88). In effetti lo scopo primario nel lavoro musicoterapico (specie di tipo attivo) è quello di instaurare una relazione stabile tra utente e musicoterapista. Gli strumenti musicali, l’elemento sonoro, il movimento, i silenzi, sono tutti elementi che il musicoterapista ha a disposizione per costruire una relazione terapeutica. Nel musicoterapista il paziente dovrebbe trovare una figura in grado di restituirgli un’immagine di sé in cui siano messe in luce e rinforzate le parti sane. Da un punto di vista clinico si è potuto osservare che l’utilizzo di un contesto non verbale permette il ritorno alla memoria di quelle che sono state le prime esperienze relazionali di vita di un individuo, limitando la messa in atto di meccanismi di difesa basati sul linguaggio verbale ed aiutando così il il musicoterapista ad utilizzare suoni e stimoli atti a produrre nel paziente uno stato di regressione, a volte necessario per lavorare in modo più efficace.
R.O. Benenzon, noto psichiatra e musicista argentino, fondatore dell’omonimo modello di musicoterpia già precedentemente citato, introduce il concetto di ISO. Il principio dell’ ISO, inteso come Identità Sonora, è un concetto totalmente dinamico che sintetizza la nozione dell’esistenza di un suono o di un insieme di suoni o di fenomeni acustici e di movimenti interni che caratterizzano e individualizzano ogni essere umano. L’ISO si struttura col tempo ed è in perpetuo movimento. L’ISO è composto dagli archetipi sonori ereditati onto-filogeneticamente, dalle esperienze sonore, vibrazionali e di movimento avute durante la vita intrauterina, il parto ed il resto della vita (Benenzon et al., 1997, pp.66-69).
Benenzon distingue diverse tipologie di ISO: universale, culturale, gruppale, gestaltico, complementare, interattivo, ambientale, familiare, transculturale . Vale la pena, a mio avviso, soffermarsi brevemente a descrive i primi tre tra quelli sovracitati. L’ISO universale è una struttura dinamica, sonora che caratterizza e identifica tutti gli esseri umani, indipendentemente dal particolare contesto sociale, culturale, storico e psicofisiologico (si pensi, ad es., ai suoni del battito cardiaco, dell’ ispirazione e dell’ espirazione; al sussurro della voce della madre; al rumore dell’acqua e dell’aria; al pianto e al riso).
L’ISO culturale è quello derivante dal contesto ambientale, sociale, culturale, storico. Ogni individuo, nato e cresciuto in una determinata comunità, si porterà dentro per tutta la vita tale bagaglio sonoro culturale, anche nel caso di un cambiamento totale del contesto di vita. L’ISO gruppale è l’identità sonora di un gruppo umano; esso è prodotto dall’accumulazione delle varie affinità musicali latenti, sviluppate da ciascun membro del gruppo stesso. È importante che il musicoterapista conosca a fondo il proprio ISO e arrivi a conoscere gli ISO degli utenti con cui lavora; sulla base di questa conoscenza si possono identificare sia gli obiettivi da perseguire che gli strumenti per raggiungerli.
Gli ambiti applicativi
Come abbiamo visto il musicoterapista utilizza l’elemento sonoro musicale per favorire lo sviluppo di una relazione con l’utente; tale relazione è finalizzata al perseguimento di obiettivi preventivi e terapeutico-riabilitativi.
L’ambito preventivo riguarda quegli interventi che utilizzano l’elemento sonoro musicale per promuovere negli individui un percorso di crescita personale. Gli ambiti prevalenti sono:
• accompagnamento al parto e alla nascita,
• bambini e ragazzi in età scolare
• percorsi di crescita personale
• formazione di genitori ed insegnanti
Ambito riabilitativo-terapeutico. Nell’ambito riabilitativo rientrano tutti quegli interventi messi in atto per portare la persona a riattivare funzioni o operazioni parzialmente deteriorate o mal funzionanti. Gli ambiti prevalenti sono:
• stati oncologici;
• disabilità motorie con danno cerebrale;
• ritardo mentale;
• Alzheimer e altre forme di demenza;
• stati comatosi;
• disturbi generalizzati dello sviluppo;
• ADHD ( Deficit di Attenzione/Iperattività);
• disturbi psicotici;
• disturbi correlati a sostanze;
• disturbi dell’umore; disturbi d’ansia.
BIBLIOGRAFIA:
• BENENZON R.O. ET.AL (a cura di) , Musicoterapia e professione tra teoria e pratica. Dal primo contatto alla supervisione, Roma, Il Minotauro, 2005
• MANAROLO G., Manuale di musicoterapia. Teoria, metodo e applicazioni della musicoterapia, Torino, Cosmopoilis, 2006.
• GALIMBERTI U., Enciclopedia di Psicologia, Torino, Garzanti, 1999.
• STERN D., Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Boringhieri, 1987.