Vitro – tamburi in fibra, l’alternativa made in Italy ai fusti in legno
Vitro – tamburi in fibra non è l’ennesima trovata alternativa nel settore delle batterie ma la realizzazione di un vero e proprio sogno made in Italy
Il nome dice tutto: Vitro è una piccolissima azienda che nasce in Sicilia, precisamente a Messina, nell’anno 1998. Dall’esperienza maturata negli anni nell’azienda di famiglia che operava nel settore nautico e nello specifico nella lavorazione di materiali compositi (fibra di vetro, fibra di carbonio e kevlar ) con la quale, oltre alla costruzione di barche, produceva particolari per la costruzione di aliscafi, Franco Famà decide di avventurarsi nella produzione di fusti per realizzare batterie in fibra di vetro.
L’intervista
Marco Mammoliti – Come nasce questa tua passione e questa avventura imprenditoriale?
Franco Famà – Faccio un passo indietro per farti capire come mai mi venne in mente di produrre una batteria, strumento che sin da piccolo mi affascinava e mi sarebbe piaciuto imparare a suonare. Si avvicinava il giorno del mio settimo compleanno, venne a casa mio nonno con catalogo in mano della Bagnini, azienda che cinquanta anni fa vendeva per corrispondenza a rate, si sedette e mi disse: “Franco voglio che impari a suonare uno strumento, scegline uno che te lo regalo io.” Contento iniziai a sfogliare quel catalogo e ovviamente mi soffermai su una batteria. Il giorno seguente tornò il nonno e mi chiese se avevo scelto lo strumento, io prontamente risposi di si e che avevo scelto una batteria, a quel punto il nonno mi guardò e mi disse: “La batteria no!! O la fisarmonica o niente.” Rimasi molto male, ma pur di fare contento il nonno accettai.
La passione di Franco Famà non si fermò però a questo primo ostacolo. Molte sono state le motivazioni che, oltre la passione, lo hanno spinto a portare avanti questo progetto. La principale è stata quella di voler dimostrare che con questi materiali si potevano produrre dei fusti che, secondo le sue teorie avrebbero potuto emettere delle vibrazioni totalmente controllabili, al fine di produrre un suono molto particolare.
MM – Cosa significa produrre uno strumento acustico come la batteria utilizzando materiali alternativi come la fibra di vetro e, soprattutto, cosa significa controllare le vibrazioni emesse?
FF – Chi lavora questi materiali sa benissimo che quando un manufatto viene sformato dallo stampo, tra tutte le verifiche che vengono fatte, c’è quella di controllarne la durezza, operazione che oggi viene fatta con un durometro digitale. Una volta questi mezzi per poter fare queste misurazioni li avevano in pochi e dunque si adottava il metodo della monetina che consisteva nel battere il manufatto con una moneta e, dal suono che veniva fuori, si capivano le caratteristiche del manufatto. Praticamente si capiva la durezza, la carica, il tipo di resina ecc. ecc.
Quando ho iniziato a fare i primi test ricordo che copiai le misure di una Sonor, feci dei cilindri in metallo ed iniziai ad avvolgere fibra di vetro impregnata di resina fino a raggiungere lo spessore desiderato. Riuscii ad ottenere dei fusti molto rudimentali, in quanto nella parte interna erano lisci ma l’esterno aveva una finitura in fibra grezza. Fusti visivamente molto brutti, ma in quella fase non era la finitura che mi interessava, non vedevo l’ora che fossero asciutti per poter montare le meccaniche e provarli. Recuperai tutto quello che avevo smontato dalla Sonor ed assemblai un primo tamburo. Ma mi resi conto che c’erano parecchie cose che non andavano. Il peso era una di queste, erano pesantissimi e le finiture facevano piangere specie nei bordi del fusto. C’era una cosa che però compensava queste pecche, forse la cosa più importante……..Il Suono.”
La nascita di un sogno
MM – Trovata la quadra del suono non ti restava che completare un set e farlo provare ad un batterista allora.
FF – Esattamente, così mi informai un in giro per sapere chi fossero i batteristi più bravi e competenti, che suonavano dalle mie parti. Dopo qualche ricerca, riuscii a contattare Ercole Cantello e dopo avergli spiegato a sommi capi cosa avevo in mente, si offrì umilmente a provare questo strumento in una serata che lui fece in Sicilia.
Da allora con Ercole iniziò un rapporto di collaborazione dove oltre che suonare con la mia batteria, mi dava dei consigli riguardanti la parte tecnica. Un bellissimo rapporto che ancora oggi, dopo ventuno anni, continua.
MM – Fu da li che iniziò la vera avventura Vitro?
FF – Si, ho investito tutti i miei risparmi per fare gli stampi, progettare le meccaniche dei fusti e produrle, cosa non molto facile in quanto va ricordato che mi trovavo in Sicilia dove trovare un’officina meccanica che avesse un centro di lavoro C.N.C. era fantascienza, così optai per l’acquisto di un tornio manuale con il quale ho prodotto tutti i blocchetti e tiranti, in ottone.
Le risorse economiche erano molto scarse e visto l’obbiettivo che mi ero prefissato (quello di partecipare al Disma di Rimini, l’evento fieristico più importante di quegli anni ndr) decisi di creare una società. Riuscimmo a preparare 4 strumenti da portare in fiera e partecipammo alla fiera ottenendo un discreto risultato. Purtroppo dopo circa un anno per motivi societari decisi di chiudere la ditta.
Vitro – tamburi in fibra la rinascita
MM – Ma la passione rimase e ti sei ripresentato nel mercato o sbaglio?
FF – Mi rimboccai le maniche, (questo giochetto mi era costato 120 milioni di Lire ) e mi trasferì a Bergamo dove fui assunto, come progettista meccanico, da una azienda che produceva macchinine da corsa radiocomandate, ma dopo 5 anni l’azienda chiuse e di nuovo dovetti ricominciare. L’età avanzava e trovare un lavoro non è stato semplice, così visto che sono sempre stato appassionato di cucina, mi misi a fare il capo cuoco in vari ristoranti.
MM – Una svolta epocale!
FF – Si, ma dentro di me rimaneva sempre quell’ossessione del progetto Vitro e così, nel 2017, mi venne proposto di riaprire la Vitro per occuparmi del progetto e sviluppo. Sono trascorsi 3 anni da allora, è sono state riviste alcune cose nel progetto: lo spessore dei fusti, i diametri i materiali delle meccaniche (prima ottone adesso ergal 70/75 ) e le finiture.
MM – Vitro è un prodotto totalmente artigianale e non esistono macchine per il processo di produzione dei fusti, tutto viene fatto rigorosamente a mano e questo sistema produttivo fa si che ogni fusto abbia la sua personalità la sua storia che li rende unici. In questo modo riesci ad imprimere ad ogni strumento la sua ma anche la tua personalità non è vero?
FF – Certamente e cerchiamo sempre di personalizzare sempre più il suono. Oggi sul sistema di produzione sto introducendo nuove tecniche una delle quali è quella Fiber/Foam che consiste nel rivestire internamente il fusto totalmente o parzialmente con una mousse che può variare di densità a secondo delle frequenze che si vogliono esaltare o abbattere. Altra novità riguarda le colorazioni dei fusti. Oltre a tutti i colori di auto che vediamo in giro, oggi Vitro può trasferire sui fusti qualsiasi immagine tramite processo di cubicatura che consiste nell’immersione in vasca del fusto dove avviene il trasferimento dell’immagine.
Quest’anno oltre la fibra di vetro ho voluto produrre dei fusti per rullante in fibra di carbonio e kevlar, così da ridurre spessori e peso aggiungendo, alla già vasta gamma di finiture, anche quelle in fibra non verniciate. Ovviamente chiunque potrà porsi la domanda del perché comprare una batteria Vitro e non una in legno, alcuni dei motivi sono questi:
- Volume
- Attacco
- Controllo (non utilizziamo cuscini coperte ecc. dentro la cassa)
- Suono dello strumento sempre uguale in qualsiasi condizione atmosferica
- Sfatare il mito del legno.
- Garanzia di 20 anni su fusti e meccaniche dei fusti.
Vitro VS Legno
MM – Ammetto però che le batterie in legno mantengono un fascino non indifferente e seppur il suono oggi viene influenzato da tantissimi fattori (non solo la pelle, la bacchetta ma anche tutti gli aspetti tecnologici quali compressori, mixer, effetti vari, ecc., che girano intorno ad un suono finale) lo stesso legno incide in quanto corpo vibrante.
FF – Vorrei aprire una parentesi in merito al legno. Ho riflettuto molto su queste aziende che producono batterie in legno e la cosa che mi da particolarmente fastidio è il modo come pubblicizzano il prodotto. Premetto che il legno è sicuramente un materiale nobile, ma sui sistemi di costruzione dei fusti si sente di tutto: stratificazioni che vanno dai 5 ai 20 strati alternando vari tipi di legno, stagionature che variano dai 6 ai 10 anni (anche sotto terra), aziende che vantano anni di stagionatura della materia prima e poi rivestono i fusti con impasti di resine varie ecc. ecc. Potrei continuare ancora con queste fantasie che alla fine risultano solo operazioni commerciali che fanno lievitare i prezzi. Vorrei concludere con una semplice riflessione: mettendo a confronto 2 batterie in legno prodotte dallo stesso marchio (una dal costo di 300 euro e una di 8000 euro) quale può essere la motivazione che fa lievitare così il prezzo? Vediamo spesso container di cilindri in legno non definito che arrivano dalla Cina, dove vanno a finire?
Una cosa ci tengo a precisare: se dovete comprare una batteria in legno, comprate almeno un prodotto italiano che ci sono tante piccole aziende italiane che lavorano benissimo.
Ora le nuove frontiere ci portano verso le batterie in acrilico (plexiglass). Cosa ci riserverà il futuro di questi strumenti che stanno andando sempre più in voga e che stanno aumentando di prezzo in modo sconsiderato?
MM – Quali sono i tuoi progetti per il futuro e dove vedi proiettata Vitro drums?
FF – Mi piacerebbe tanto che Vitro, dalla piccola realtà quale è, possa crescere ampliando la gamma di prodotti nel settore non solo delle batterie ma sviluppare in futuro altri strumenti in fibra non solo nel ramo delle percussioni.
MM – che ne dici di darci un appuntamento per una diretta su Planet Drum in modo da poter spiegare a voce e magari rispondere alle domande degli amici e fans ?
FF – Ne sarei onorato caro Marco e sarei felicissimo di poter confutare tanti pregiudizi che si hanno nei confronti di questi materiali alternativi al legno che sempre più spesso vediamo utilizzati nella produzione di batterie.