When The Little Prince met “God”
un sogno chiamato Marillon
E un freddo gennaio del 2015. Un giorno come un altro, un inverno come un altro. Talvolta i giorni copiano i giorni, come le stagioni copiano le stagioni. O forse no. Ricevo l’invito a partecipare allo Swap The Band a Port Zelande, ma mai avrei pensato che il realizzarsi di quel sogno mi avrebbe portato a realizzarne altri. Ricordo che durande il sound-check, tra la gente che era nel tendone, tra tecnici, manager e accompagnatori c’erano anche le Ranestrane, che in quell’edizione del Marillion Weekend erano tra le band di supporto ai Marillion. Quella forse fu la prima volta che Riccardo Romano mi senti suonare dal vivo… Da quel momento ci furono diversi eventi e concerti dove mi rincontrai con Riccardo e forse ‘a pelle’ ci trovammo subito bene, tanto da ribadirci più volte la volontà di riuscire a fare qualcosa insieme. Poi un giorno, che sembrava non essere tanto diverso da altri giorni di routine, arriva la telefonata di Riccardo che quasi in punta di piedi e con discrezione mi racconta del suo lavoro B612 in uscita a breve, chiedendomi se fossi interessato a far parte della sua band per presentare il suo disco dal vivo. Chiudo la telefonata e mi guardo lo schermo nero del telefono, incredulo… aspettavo una simile opportunità da tanto, ne avevo il bisogno artistico e iniziai ad essere insofferente nell’attesa di quei files audio che Riccardo mi avrebbe mandato a breve. Tempo qualche giorno e ricevetti per mail il disco “Riccardo Romano Land – B612”. Quasi avevo paura al primo ascolto, quei secondi prima di schiacciare “play” che ti separano da una gioia o da una delusione. Ma fu una gioia immensa da subito, e alla prima riproduzione di Compass Rose un brivido mi passò dalle braccia alla schiena.
La band non era al completo con me, l’unico già a bordo era Luca Grimieri, amico d’infanzia di Riccardo e fantastico chitarrista. Mancavano nella formazione un tastierista e un bassista, iniziamo una ricerca insieme di possibili musicisti che facessero al caso nostro, mi sono subito reso disponibile nell’aiutare Riccardo, perchè ritengo che una band debba lavorare come una squadra e in questo senso ho proposto fortemente il mio amico Gabriele Cipollini al basso, con il quale suono da 20 anni circa. Per il ruolo di tastierista Riccardo aveva già pensato a Manuel Murgano, con il quale già collaboravo da qualche anno in diversi tributi e con il quale Riccardo stesso aveva già suonato. Da qui prima della prima prova insieme e passato poco, un paio di mesi al massimo, perchè la voglia di suonare era tanta poichè tutta la band era entusiasta e ben si rispecchiava nella musica di Riccardo. Troviamo subito la possibilità di un live al Xroads di Roma insieme ai Neverland.
Avevamo un paio di mesi che ci separavano da questo primo evento e il lavoro da fare non era poco. L’assimilazione dei brani di B612 avrebbe richiesto del tempo, quindi anticipai un po’ lo studio e decisi di trascrivermi le batterie del disco, suonate da Daniele Pomo, per iniziare lo studio prima a livello mnemonico e poi cercando di carpire il linguaggio usato nel disco e farlo mio nel rispetto dello stesso. La presentazione di B612 andò bene, la tensione era tanta, mi sentivo una grossa responsabilità sulle spalle, ma battuta dopo battuta credo che ognuno di noi abbia dato il massimo, sapendo che quello sarebbe stato solo l’inizio di un viaggio. Infatti Riccardo, in continuo contatto con Steve Rothery, ci aveva preannunciato che si stava delineando la possibilità di un live proprio con “God”. Niente era ben definito fino a quel momento (marzo 2018), avevamo la disponibilità di Steve per luglio 2018, ma dovevamo trovare la “venue” adatta. Davide, come sempre, teneva continui rapporti con Steve e Riccardo per trovare il momento giusto in un’agenda fitta come quella dei Marillion. Cosi iniziamo a contattare diversi direttori artistici, organizzatori di qualcosa in estate e riesco a chiudere con i Parchi della Colombo a Roma.
Nel frattempo Riccardo si stava occupando di un altro contatto a Milano, tramite la sua casa discografica, che ci avrebbe dato la disponibilità del Teatro Guanella, ma in un weekend diverso da quello che serviva a noi. Fortunatamente Riccardo ha un alleato in Davide che e per lui più di un manager e insieme risolvono anche questo problema. Non dimenticate che dovevamo ancora montare lo spettacolo del quale avevamo solo un’idea, un filo conduttore, che era incentrata sulla carriera di Steve Rothery, una sorta di riepilogo.
Iniziamo la programmazione delle prove, circa 8 incontri se non ricordo male, forse 9 con la generale che avremmo fatto con Steve. La scaletta si presentava ricca e articolata: Sylf, il progetto di Jennifer Rothery, era tutto da riarrangiare, essendo stato concepito con molti suoni elettronici, loop e pochi strumenti. Steve ci chiese di preparare due brani dei Wishing Tree dove avrebbero cantato Jennifer e Jo Rothery. La presenza di Jennifer, per quanto riguarda il Piccolo Principe, ci dava la possibilità di presentare tutte quelle canzoni di B612 in duetto con Riccardo che non era stato possibile suonare al concerto del Xroads. E ovviamente una celebrazione di Steve Rothery non puo essere tale se non suoni i brani dei Marillion… Intanto salivano l’attesa e l’adrenalina. Le settimane copiavano le settimane, giorni come tanti altri, aspettando che succedesse. Ma la settimana regina era quasi alle porte.
Il 17 luglio sarebbe arrivata in serata la famiglia Rothery al completo. La band aveva praticamente concluso il repertorio (2 ore e mezza circa di musica… qui ci vorrebbe l’emoticon in stile “L’urlo” di Munch…), ma c’era un “ma” enorme: avevamo suonato per due mesi più di meta repertorio senza Steve e questo ci creava non poche incognite, non so se riesco a farvi capire la sensazione… è come dover raggiungere una destinazione studiando una mappa per poi ritrovarsi per strada e dover evitare le buche che incontri nel tragitto. Ecco, avevamo la percezione che sicuramente sarebbe stato tutto quadrato con la chitarra di Steve, ma avevamo una prova sola, e suonare con un tuo idolo gioca anche emotivamente uno strano effetto. Steve & family arrivano a Roma alle ore 22.00 del 17 luglio; la gioia e l’attesa si fondono insieme, e per me anche un po’ di rammarico per non essere potuto andare ad accoglierli in aeroporto per un altro impegno lavorativo pregresso. Ovviamente mi tengo in contatto telefonico con Riccardo e Manuel per sapere se tutto era ok. Puntuale come una cartella esattoriale, il fato decise di metterci la coda. La valigia di Steve che conteneva i suoi vestiti, la pedaliera per gestire il suo multieffetto e tutti i cablaggi non arriva a Fiumicino… (altro “Urlo” di Munch!!!). Fortunatamente e soprattutto grazie all’aiuto di Alessandro Carmassi riuscimmo a venirne a capo e la valigia sarebbe poi arrivata il giorno dopo, risolvendo tutto per i concerti e fortunatamente anche per le prove.
Mercoledì 18 luglio. Un giorno come un altro, o forse no. Ore 14.00 appuntamento in sala prove, e che emozione ragazzi!
Iniziamo ad allestire la sala e ripassiamo subito tutti i brani di B612 in cui Steve non suonava (tranne Compass Rose che avremmo provata con lui). Verso le 15.30 ci avvisano che Steve & Family sono arrivati. Superato quel pizzico di emozione e la fase dei saluti, cerchiamo subito di renderci produttivi e di risolvere il problema dei cavi mancanti della strumentazione di Steve. Iniziamo le prove, con una scaletta abbastanza definita. Forse la cosa che mi ha sorpreso di più era vedere che anche Steve era emozionato. Eravamo preparati a fondo per questi concerti. Personalmente andavo tutti i giorni a studiare nel mio studio, cercando di rispettare il più possibile le parti e il mood degli otto brani dei Marillion che erano in scaletta. Alcuni di questi non li avevo mai suonati con i Neverland, ma solo ascoltati da appassionato, e la cosa è molto diversa. La prova è passata veloce e Steve non ha esitato a congratularsi con la band. Riccardo ci aveva avvisato: God e una persona di poche parole sul lavoro, e non ama il complimento di circostanza. La serata prosegue con un aperitivo sul lungotevere dove io Manuel e Gabriele abbiamo approfittato della stupenda compagnia di Jo Rothery, Jennifer e Michael, nell’attesa che Riccardo e Steve recuperassero la famosa valigia in aeroporto per poi raggiungerci a cena. Jo ci raccontava che erano molti anni che mancava da Roma e si guardava intorno affascinata, osservando anche come era cambiata la città dalla sua ultima visita. Jennifer invece era completamente travolta dalla gioia di poter presentare i suoi brani con una band che la supportava e con il papà al suo fianco.
Nel frattempo riusciamo a trovare un posto per cenare a Trastevere, dove ricordai che eravamo già stati con i ragazzi di The Web Italy in occasione del concerto dei Marillion all’auditorium di Roma. Ovviamente la cena di piatti tipici e buon vino rosso ci ha aiutato a rendere l’atmosfera familiare anche se l’ansia da prestazione per i concerti iniziava a salire.
Giovedì 19 luglio era prevista una seconda prova con Steve ma dato il risultato soddisfacente del giorno prima Steve ha optato per un “day off”. Insieme a Riccardo abbiamo quindi organizzato una giornata dedicata a Roma, con visita agli scavi di Ostia Antica nel pomeriggio e il Colosseo poi, finendo la giornata in una pizzeria vicino a via Labicana caratterizzata da un’ottima pizza napoletana. La splendida giornata passata insieme e stata comunque molto stancante, il sito archeologico di Ostia Antica è molto vasto. Considerate che io che abito a due passi da li non sono mai riuscito a vederlo nella sua totalità. Steve, Jo, Jennifer e Michael hanno apprezzato moltissimo quello che avevamo organizzato e al rientro ho avuto la fortuna di poter ospitare in macchina Jo e Jennifer e avere il piacere di poter fare due chiacchiere (il tempo del viaggio) per conoscerci meglio. A fine serata, rientrato a casa, mi rendo conto che mancava poco al primo grande evento.
Venerdì 20 luglio sarebbe stato in ogni caso un giorno memorabile per me e per la band di Riccardo. Un giorno come tanti, o forse no. Avevo appuntamento alle 11.00 di mattina per montare il mio “drumset” poiché a quell’ora il palco era ancora al riparo dal sole cocente. Porto la macchina nel retropalco e inizio a scaricare con cura il mio strumento come ormai faccio da anni, quasi come fosse un rito, con un ordine ben preciso, per ottimizzare i tempi. Prendo le mie distanze sulla pedana e assemblo tamburi e metalli come in una costruzione “Lego”. Il set era pronto e sistemato e non vedevo l’ora che Riccardo facesse caso al suo logo sulla pelle risonante della grancassa, una piccola sorpresa per lui a dimostrazione dell’affetto e il riconoscimento nell’avermi tirato dentro al più bel progetto a cui abbia mai partecipato. Rientro a casa per un rapido pranzo, la fame era inesistente e la voglia e la tensione per l’inizio del sound-check, previsto per le 17.00, era tanta. Le prove del suono sono sempre uno scoglio duro per noi, a volte più del concerto stesso, perché finche non funziona tutto come vorresti non riesci a scaricare la tensione che poi si trasforma in concentrazione.
Ritorno ai Parchi della Colombo vero le 16.00, con largo anticipo, e noto che già qualche fan era arrivato; il mitico Norbert Stefani e la timida Veronika Horven Jensen mi hanno subito salutato con affetto e non vedevano l’ora che iniziassimo a fare il check. Uno alla volta arrivano tutti i ragazzi della band e ognuno si sistema secondo la scheda tecnica e inizia a montare la propria strumentazione, Steve sarebbe arrivato a momenti. Riccardo aveva al suo seguito anche parte del suo backline, che viene minuziosamente posizionato dove previsto. Quando Steve Rothery è salito sul palco ho avvertito una certa tensione dentro, mista a gioia, ma la stranezza era l’evidente emozione anche da parte dei tecnici che hanno fatto di tutto perché le cose andassero bene. Inizio a fare i suoni della batteria e subito qualcosa non funziona come doveva: il mio monitoring non andava, c’erano dei problemi sulla linea di trasporto del mixer di palco e i suoni mi tornavano in ascolto nelle mie cuffie distorti e a tratti non arrivavano proprio. A quel punto la tensione aumento a sproposito e mi stavo veramente innervosendo. Questi aspetti dei concerti a molti fruitori di musica dal vivo non sono conosciuti, ma vi assicuro che ho passato una brutta mezz’ora in quel frangente.
Fortunatamente si risolve tutto trovando il cavo incriminato e ogni cosa riprende a funzionare come doveva. Il Sound-check va avanti e proviamo qualche brano della scaletta, uno per ogni set, per dar modo a tutti i cantanti e alla band di testare il proprio riascolto.
Le 21.30 arrivano veloci e il pubblico attende la nostra esibizione: era ora di salire sul palco. Primo set in scaletta, Sylf, il progetto solista di Jennifer Rothery. Lei estremamente emozionata ha avuto il compito arduo di rompere il ghiaccio di una serata magica. Per me quei tre brani passarono veloci, anche troppo, perché vedere Steve sul palco e rendersi conto che stai suonando con un tuo idolo, ti fa rendere conto di quanto passa veloce il tempo. Dopo Sylf era il momento di RRL. Avremmo presentato per la prima volta i brani di B612 con i duetti di Riccardo e Jennifer ed eseguito Compass Rose con Steve Rothery alla chitarra solista. Che responsabilità ragazzi… il tempo che hai dedicato a studiare tutti i giorni quelle canzoni per prepararti al meglio sembra in quei momenti non essere mai abbastanza, perché l’emozione ti travolge!
La setlist di Riccardo Romano Land va alla grande, la musica del Piccolo Principe, nell’interpretazione di Riccardo che si trasforma in ogni brano nel personaggio protagonista, trasporta ed ispira anche noi che siamo sul palco, aiutandoci ad immergerci nella storia e nell’ambientazione musicale. Ogni tanto riesco ad alzare gli occhi dai tamburi e anche se assorto e concentrato nell’esecuzione, scorgo che il pubblico canta i testi di B612, e non può non scapparti un sorriso di gioia in quella circostanza. Finisce cosi il primo tempo di quello che è stato il concerto più atteso della mia vita. Come se non bastasse entro nei camerini per bere e mi ferma Steve Rothery per complimentarsi con me per il mio modo di suonare (credo di essere diventato viola in faccia…). Il quarto d’ora di pausa era concluso e ci apprestavamo al gran finale, otto brani dei Marillion con il nostro idolo sul palco insieme a noi.
Estonia rompe il ghiaccio della parte finale della setlist, forse per qualcuno nel pubblico la più attesa e conosciuta, poi Out Of This World e Afraid Of Sunlight, tutte interpretate ad arte da Riccardo che lascia la scena ad Alessandro Corvaglia per la parte dedicata all’era Fish: Cinderella Search, Sugar Mice e Incubus sono forse le canzoni che mi hanno preso più tempo nello studio e alle quali ho dedicato più energie.
Giungiamo cosi al gran finale con due grandi bis: King e Incommunicado… Il concerto finisce e il pubblico ci viene incontro sotto il palco per complimentarsi e scambiare due parole, mostrando un grande affetto. È stata la prima volta che qualcuno mi ha chiesto un autografo… ma il sogno sarebbe continuato, perché ci attendeva un altro appuntamento due giorni dopo a Milano, per una serata oltretutto dedicata a Flavia, meravigliosa abbonata di TWI recentemente scomparsa.
Sabato 21 luglio sarebbe stato un giorno pesante essendo dedicato al viaggio con tutti i nostri strumenti al seguito e anche quelli di chi non era con noi. Infatti Luca e Gabriele ci avrebbero raggiunto al Teatro Guanella la mattina stessa del concerto. Il viaggio con Riccardo, Manuel e Irene Schillaci (che ci ha dato un grosso supporto nell’organizzazione e la gestione di molti aspetti che di solito sono demandati a un tour manager) ci ha dato la possibilità di conoscerci ancora meglio al di fuori della musica. Arriviamo a Milano in tarda sera e troviamo il tempo di una birretta con ancora un pizzico di energia e l’adrenalina per lo spettacolo del giorno dopo. Poi decidiamo che forse e meglio andare a riposare poiché le sette ore di furgone e tutto quello che c’era stato prima cominciavano a farsi sentire.
Domenica 22 luglio inizia con una passeggiata alla ricerca di un bar per una colazione con Riccardo e Manuel in attesa dell’arrivo di Luca e Gabriele verso ora di pranzo. Steve & family erano arrivati a Milano la mattina del giorno prima in treno e Davide Costa avrebbe pensato a loro in ogni dettaglio. L’appuntamento per il sound-check era alle 14.00, ma il service ritarda e ci costringe a fare un po’ di fretta il tutto finendo, nonostante gli sforzi, l’allestimento in gran ritardo rispetto ai programmi. Iniziamo comunque il concerto puntuali e già dalle prime battute si evince che il calore del pubblico era anche più trascinante rispetto a Roma. Riccardo ci aveva preannunciato che il concerto di Milano sarebbe stato caratterizzato da un pubblico estremamente caldo e coinvolgente, ma non avrei mai pensato fino a quel punto. Tanto che dopo le prime note di Cinderella Search vedo che i fan più sfegatati si cominciano a radunare sotto il palco. Non avevo mai vissuto fino a quel giorno un’esperienza professionale cosi forte e vi assicuro che da sopra il palco fa un certo effetto. Cuori e anime unite, tutto si libera in un unisono e intenso abbraccio. Un giorno come un altro, o forse no. Dopo lo spettacolo foto tutti insieme, addirittura una torta celebrativa, organizzata da Maurizio, compagno di una vita di Flavia e Davide. Siamo stanchi, felici, entusiasti.
Ultimo atto, ultima tappa di questo viaggio stupendo sono i saluti alla stazione la mattina seguente. Diciamo arrivederci (in italiano) alla famiglia di Steve, ringraziandoli di questa indimenticabile esperienza. Mentre li vediamo andare via, mi giro verso Riccardo ed esclamo: “Quando lo rifacciamo, bro?” Lui mi guarda col suo caratteristico sorriso accennato e mi risponde: “Un giorno, presto”. Un giorno come un altro, forse. Ma che diventa unico, se puoi viverlo cosi.